![]() | Antonio Sciarretta's Toponymy |
La zona dove sorge Castelvecchio era attraversata in epoca romana dalla via Claudia Nova, ed è assai probabile la presenza di un pagus vestino-romano, al quale va fatto risalire il termine Calvisio che accompagna il nome del paese da tempo immemore. Già nel sec. VIII si hanno notizie di quattro chiese, San Lorenzo, San Martino, San Giovanni e San Cipriano. Attorno alle prime tre si sviluppò un agglomerato rurale, noto come Villamagna o Villa Calvisia del quale San Martino era parrocchiale. Parte della popolazione fu poi incastellata nel sito attuale che inizialmente veniva chiamato "castello sopra San Lorenzo", ma la Villa rimase. La parrocchiale di San Cipriano, in aperta campagna, rimase invece isolata, alle dipendenze della diocesi valvense. Civilmente, Castelvecchio fu una delle cinque terre che composero la Baronia di Carapelle. Sviluppò una economia eclettica che coniugava le coltivazioni mediterranee (ulivo, vite) verso la valle tritana con la pastorizia e le coltivazioni d'alta montagna (famosa è la cicerchia). Nel 1906 vide riconosciuta la propria autonomia comunale, staccandosi da Carapelle del quale era frazione.
Il borgo medievale è a forma di ellisse, regolarmente disposto sul ripiano naturale su cui sorge. Notevole è la parrocchiale di San Giovanni Battista, costruita su un palazzetto fortificato originariamente fuori le mura, che sostituì nel 1487 San Cipriano difficilmente accessibile. Conserva ancora tracce del primitivo utilizzo (feritoie). Della chiesa di San Giovanni rimangono dei ruderi sotto il borgo, nel sito della Villa Calvisia, mentre San Cipriano è stata recentemente restaurata. Di Santa Maria rimane solo un'edicola ai piedi del borgo, lungo la strada che va a Carapelle.
Il paese è costruito su uno sperone sull'allineamento culminante con il mattónë (1282 m) e collegato, attraverso una sottile crestina, al massiccio della camàrda (1384 m). Una seconda dorsale, quasi parallela, è quella del mannëlìnë (1347 m), anch'essa facente capo al nodo orografico della Camarda. In mezzo, si estendono la conca delle pràta e la vàllë pagànë, tributaria del pianoro carsico di bùtë, a nord dell'abitato. L'altro bacino chiuso di viànë si trova più a ovest, ed è diviso con Santo Stefano.
La cima del Mattone è importante per i resti di fortificazioni risalenti al I millennio a.C., mentre l'area compresa fra Castelvecchio e Carapelle presenta numerose emergenze storico-architettoniche. La montagna è povera di acque: la conduttura che alimenta il paese proviene da Santo Stefano.
La sentieristica attuale (segnavia bianco-rossi) comprende l'itinerario n° 42, San Pio-Carapelle-Castelvecchio-Santo Stefano.
2. Trascurando un sentierino di recente segnato che si inoltra verso la valle, si rimonta la Pretella con un paio di tornanti sul ripido pendio di rózzëlë. Questo strano nome è in relazione all'italiano 'ruzzolare', da un latino volgare *rotjulu, e descrive il carattere impervio del pendio.
3. La strada continua con pendenza più dolce tagliando a mezza costa la montagna del mattónë (1282 m), propaggine più orientale del sistema montuoso della Camarda. Il toponimo, M. Mattone nell'adattamento presente sulla cartografia IGM, è un interessante relitto lessicale, risalente alla base matta, con un accrescitivo -one posteriore. Il significato di questa base dovrebbe essere 'recinto, muro', dato che nel lessico si hanno tracce di matta sinonimo di 'fratta, siepe'. D'altronde su questo nostro monte si hanno resti di fortificazioni apicali risalenti al I millennio a.C.
4. Sul versante opposto della cima del Mattone, quello che guarda a sud, si trova un ripiano coltivato, chiamato cràpamòrta (1159 m). Riportato come Capramorta sulle carte IGM, è questo un diffuso nome descrittivo, che si confronta con altri del tipo cavallo morto, vacca morta ecc.
5. Continuando a seguire la strada, questa lambisce la depressione di làghë mórtë (1155 m), una conchetta chiamata Lagomorto sulla cartografia IGM. In effetti il nome è di tipo descrittivo, risultando dalla convinzione popolare che qui doveva esistere un lago, poi prosciugatosi.
6. Dal Lago Morto, si getta sul pendio a sudovest del Mattone la vàllë pëtìna, la quale confluisce più in basso nell'altra depressione della Valle del Prete. Il nome della valle forse dipende dal fatto che si trova appétë, 'ai piedi' della montagna.
8. Dopo un paio di svelti tornanti, la strada si perde nella conchetta delle pràta, che si apre fra due cocuzzoli ben individuati, dei quali quello a sud (1323 m) è noto semplicemente col nome uràgnë dëllë pràta. Nella conca c'è un visibile serbatoio (1219 m). Quanto al nome prata, esso è in origine un plurale neutro in -a di pratum, specializzatosi poi a designare una zona prativa messa a coltura.
9. Il cocuzzolo sul Boragno delle Prata costituisce l'anticima della montagna della camàrda, che culmina a 1384 m nel territorio di San Pio. Sulla solàgna dëllë pràta, il pendio a nord delle Prata, si eleva invece (1347 m) la cima detta rë mannëlìnë, alquanto staccata dalla dorsale principale. Il nome della montagna è riportato come il Mandorlino sulla cartografia IGM, ed in effetti sembra proprio un diminutivo di mannula, esito regionale del tardo latino amandula 'mandorla'. Il toponimo, in definitiva, descrive la forma del colle.
11. Il piànë dë bùtë si estende per circa 2 km a cavallo dei confini comunali con Calascio. Si presenta come un'isola coltivata circondata da nude dorsali calcaree. Quanto al nome, che suona Piano di Buto nell'adattamento presente sulle carte IGM, è certamente di origine antica. Forse si confronta con il nome di Buti (Pi) ed altri toponimi toscani, ricondotti al latino tardo bucita 'pascolo dove vagano i buoi'. Oppure si tratta di un personale longobardo come Buto.
12. I dirupati fossi che scendono sulla solagna di Buto, in tenimento di Calascio, sono noti a Castelvecchio come lë gravàrë dë bùtë. La prima parte del toponimo è l'appellativo gravara, variante di grava, che designa nell'Appennino Centrale un 'ghiaione', un canale di montagna. Tale voce viene comunemente scritta allo strato linguistico prelatino.
13. La soglia carsica che chiude verso ovest il piano di Buto è una forcella (981 m) dove transita una strada campestre proveniente dal paese. Questo punto d'incontro è noto come còll'abbùtë per chi viene da est, diretto a Buto. Si tratta cioè del culmine del 'colle (che porta) a Buto'. Questa è una locuzione formata con la preposizione latina ad agglutinata nel dialetto al toponimo.
14. La soglia di Colle a Buto è anche detta la ndràta dë viànë per chi proviene da ovest, da Buto. Infatti al di là di questa sella, si scende ripidamente al piano di viànë, di poco più piccolo del precedente. Il toponimo Viano ha chiara origine fondiaria, risalendo al nome di un proprietario romano, tale Vilius o simili. Il territorio di Castelvecchio comprende, oltra ad una buona porzione della piana, anche un settore della sëlàgna dë viànë. L'uràgnë dë viànë su IGM è stato chiamato semplicemente Voragno, mentre il toponimo principale è riportato come Piano Viano.
16. Tutte queste vestigia sono disposte attorno alla vìa piàna, la vecchia strada che conduceva a Carapelle, e soprattutto a breve distanza dall'unico pozzo perenne di tutta la zona carapellese. Questo è oggi chiamato semplicemente ru làghë, cioè 'il lago', ma probabilmente da esso deriva il nome "Carapelle" attribuito dapprima alla regione circostante, e quindi trasposto nel nome dell'attuale paese di Carapelle. Il termine carapelle e varianti appare come un relitto prelatino che affiora in diverse aree dell'Appennino Centrale, ed ha un presunto valore di 'sprofondo, pozzo'. Tale interpretazione è sorretta da un punto di vista lessicale dalla voce laziale carapone 'gorgo'.
17. Vicino al pozzo del Lago, una zona coltivata ha il nome di prètë dë casàlë, con riferimento alla villa diruta di San Martino, che evidentemente era conosciuta dopo la diruzione coll'appropriato appellativo casale 'casa di campagna'.
18. Un'altra sorgente nella zona di "Carapelle" è la fonte di rapùnë (925 m), sotto il paese di Castelvecchio. Il nome della sorgente conserva il locativo in -i di un personale latino Raponus, adattato nella cartografia IGM come F.te Rapone.
18. La valletta che divide Castelvecchio da Carapelle, sotto il pozzo del Lago, è percorsa da una mulattiera detta carrótta. Questo nome si confronta con diversi altri, sparsi nell'Appennino, che designano viottoli, sentieri di montagna. Potrebbe trattarsi di un derivato di carro, come l'italiano carrareccia, o di un riflesso di caravotta, risalente ad una voce di oscura origine càravo, pure essa attestata, forse col significato di 'solco'.
19. Poco sotto il paese, c'è la zona del cimitero, detta la panétta con nome allusivo della forma arrotondata. Più in basso nei pressi di una cava si trova la località tìrmënë (942 m). Tale toponimo riflette l'appellativo termine, ad indicare il confine della spianata su cui sorge Castelvecchio, oltre la quale cominciano i ripidi bastioni verso le valli sottostanti. Sulle carte IGM viene riportato Termine, in posizione alquanto generica.
20. Lungo la strada per Ofena, dopo il cimitero si trova il vecchio bivio per la valle del Tirino e quindi si entra in comune di Calascio in località calasciùrë. Il nome della contrada non sarà disgiunto da quello di Calascio, rispetto al quale presenta un suffisso -orius.
21. Ad est del paese e della strada per Calascio-Ofena si trova un'allungata dorsale costituita da una prima elevazione (1103 m) detta la sùpra o còllë dë la sùpra, e da una seconda (1010 m) detta l'arcùccë. Il primo toponimo riflette il latino supra per suprana 'superiore', con riferimento all'abitato. Il secondo toponimo va ricondotto ad arca 'granaio', forse per la presenza di grotte utilizzate come magazzini.
22. Il nuovo bivio per Ofena si trova in località fënìculë, entro i confini di Calascio. In effetti il toponimo sembra risalire al latino finis 'confine', forse con riferimento a vecchi confini comunali spostati più a nord rispetto agli attuali, il che spiegherebbe il fatto che alcune località hanno nomi registrati a Castelvecchio piuttosto che a Calascio, al cui tenimento pure appartengono.