Collebrincioni (L'Aquila)

Appunti sul territorio

Collebrincioni è frazione montana dell'Aquila, situata pochi chilometri a nord del capoluogo, del cui comune faceva parte anche prima del 1927, anno dell'accorpamento dei numerosi comuni prima autonomi. Si tratta di un centro di dialetto aquilano, a confine con l'area di transizione raialese.

L'origine dell'insediamento umano nel territorio di Collebrincioni è assai antica. Sulla sommità di Monte Verdone, un'altura a sudest dell'odierno abitato, si rilevano i resti di un centro fortificato con intorno una serie sparsa di casette in muro a secco, dirute, del quale nulla si sa. Dell'anno 1132 è la prima attestazione della chiesa di San Silvestro, ora chiesa cimiteriale e detta Chiesa Vecchia. Nello stesso periodo hanno origine le frazioni di Collebrincioni situate ormai alla periferia dell'Aquila, ossia San Giacomo e Sant'Onofrio, mentre si fa menzione di una Rocca San Silvestro che potrebbe essre il nucleo della fortificazione che costituiva il castrum di Collebrincione, forse da ricercare sulla montagna d'Orsa. Il centro abitato sorgeva invece nella località San Biagio, dove sono ancora visibili i suoi resti, e appare nominato per la prima volta come Collebuzzone. Il toponimo, vista anche la versione che più in là si farà strada, sarà comunque da riferire ad un composto di colle e di un personale germanico. Il castrum di Collebrincioni partecipa alla fondazione della città dell'Aquila, fondando nel locale assegnatogli la chiesa di San Silvestro, ma nel 1568 è dato completamente diruto. Solo all'inizio del XVII sec. comincia il processo di ripopolamento del castello, spostando il sito in quello attuale, più prossimo alla vecchia chiesa di San Silvestro, ed ai percorsi provenienti dall'Aquila.

Della chiesa parrocchiale di San Silvestro resta ben poco, a causa dei terremoti, e soprattutto di quello del 1703 che danneggiò tutto l'abitato, senza che questo in seguito venisse adeguatamente ricostruito. Altro monumento interessante è la Fonte Vecchia, fuori dal paese, la cui struttura ricorda quella delle '99 cannelle' aquilane, già esistente nel XV sec. Poco a monte del villaggio di San Giacomo, si trova inoltre la Fonte Grossa, la cui struttura ricalca in piccolo quella della Fonte Vecchia.

Appunti sul territorio

Il tenimento di Collebrincioni è piuttosto esteso, andando dall'attuale periferia dell'Aquila (San Giacomo, Sant'Onofrio) a sud, fino alla valle del Vasto a nord, mentre verso est è delimitato dalla carrozzabile L'Aquila-Aragno.

Orograficamente, il territorio in esame si colloca a cavallo delle linee di displuvio fra i sotto-bacini della valle del Vasto, del Raiale e del corso principale dell'Aterno. Da nordovest proviene l'allineamento che culmina con la cima della stabbiàta (1650 m), la più alta del territorio, ma si innalza ancora con i cocuzzoli (1628 m, 1606 m) sopra le vène egliu tùrcu, per abbassarsi al valico (1413 m) attraverso il quale si transita verso la valle del Vasto. A sud di questo bastione, si apre il piànu egliu mónde, chiuso dall'altra parte da una lunga crestina che si stacca dal corpo principale della montagna di Aragno (1318 m), alzandosi immediatamente con la cima più elevata, il còlle d'órsa (1374 m), e poi con le ène ròsse (1286 m) e con il castellànu (1314 m). Oltre il valico a quota 1259 m attraverso il quale si accede al piànu egliu mónde, la cresta continua verso ovest con la sèrra (1294 m), per poi aprirsi verso i confini con Arischia. Da questa cresta si staccano due crinali secondari. Quello più ad ovest, la montagna di màcchja molìna, funge da spartiacque fra la valle di San Giuliano e la vallata di Collebrincioni, mentre quello più ad est, maggiormente articolato, tiene separate le acque del bacino del Raiale. La massima cima è il mond'ordó (1144 m), poi risultano allineate le alture del còlle de frólla (1060 m), del colle di sandonófre (982 m), fino al guado dove sorge il rione di San Giacomo, ormai alle porte dell'Aquila.

Delle maggiori emergenze storico-architettoniche nel territorio, si è già parlato. Restano alcune sorgenti di minore importanza, dislocate nell'umido versante nord della stabbiàta (la scendèlla, fónde ella spùgna, Fonte Chiusola). Anche gli insediamenti stagionali, concentrati presso il piànu egliu mónde, meritano una certa attenzione.

A Collebrincioni giungono dall'Aquila i sentieri proposti dalla guida 'Arca' nella serie C, mentre da Arischia quelli della serie B. Anche il Parco Nazionale del Gran Sasso d'Italia - Monti della Laga ha incluso un itinerario in partenza da Collebrincioni nella sua sentieristica, e precisamente quello noto agli escursionisti come 'Marcia di Primavera', che arriva alla valle del Vasto.

La toponomastica

La regione del Piano del Monte
1. Per i locali di Collebrincioni, il monte per eccellenza, ovvero la parte alta del tenimento, è costituito da una regione pianeggiante che si estende a nord dell'abitato, dominata da un imponente e nuda montagna. Il pianoro è noto col nome di piànu egliu mónde, che è stato ripreso anche dalla cartografia IGM, Piano del Monte. Si tratta di una modesta estensione coltivata, raggiunta da una antica mulattiera, percorsa dalla 'Marcia di Primavera' intitolata a Nestore Nanni, organizzata ogni anno dal CAI dell'Aquila, che parte dalla Fonte Vecchia di Collebrincioni, e tocca la Chiesa Vecchia fuori dall'abitato.

2. Ad ovest del Piano del Monte propriamente detto, si ha una seconda estensione pianeggiante, con quota minima 1166 m. E' la depressione che a Collebrincioni è chiamata làgu subbióne, con un nome che forse deriva dal verbo 'succhiare', in alcuni dialetti suppià, subbià, con allusione ad un inghiottitoio che drenerebbe le acque meteoriche del piano carsico. Sulle topografiche IGM non si trova tale toponimo, ma sono segnate sia le C.te del Lago, un gruppo di casette sparse, sia la F.te del Lago, al margine settentrionale dell'imbuto, sulla cui cannella esisteva una antica lapide, scomparsa negli anni '80.

3. Poco più a sud, una seconda depressione completa il quadro orografico del sistema vallivo del Piano del Monte. Si tratta della vàlle pugliése (1164 m), battezzata con un cognome o soprannome locale, come riportato anche dalla cartgrafia IGM, che ha Valle Pugliese.

4. Fra la Valle Pugliese ed il Piano del Monte, si ergono isolati un paio di dossi (1214 m), noti semplicemente come ji cógli, ovvero 'i colli'. Più ad ovest, a chiudere la regione pianeggiante, è invece una successione di dorsali allungate in direzione est-ovest. Si tratta del còlle elle pràta, il più elevato (1215 m), che trae il nome dal termine prata 'pianura coltivata'. Il colle è però senza nome sulle topografiche IGM, che attribuiscono il nome C.le delle Prata al cocuzzolo vicino (1201 m). Questo è invece detto dai locali còlle cannaìnola per la presenza di qualche zona umida nelle vicinanze: il termine cannavina, dal quale il toponimo deriva, è infatti un riflesso del latino cannabina 'luogo umido adatto alla coltivazione della canapa'. Fra i due colli, va segnalata la vàlle gendilésca, che prende il nome da un cognome locale, Gentile, tramite un suffisso aggettivale -ésco/-a, di origine germanica.

5. Un terzo colletto, affianco al Colle delle Prata e di poco più basso (1214 m), è chiamato còlle icénne, dalla contrada seminativa delle icénne, detta anche le icénne egliu làgu per distinguerla da un'altrimenti omonima località sulla via per San Giuliano. Alle pendici di questo dosso, si trova il Casale De Simone (1176 m).

6. Dietro il Colle delle Prata, si trova una stretta ed arcuata valletta, percorsa dall'acquedotto di Collebrincioni, che si serve alla Fonte del Lago. La zona è chiamata vàlle elle rùtti, dal nome di una zona sulla costa della montagna della Stabiata, dove ci sono delle grotte. Sulla cartografia IGM è, in effetti, presente il toponimo le Grotti, con il plurale femminile in -i, tipico di alcuni termini dialettali.

7. Sulla destra orografica della Valle delle Grotte (nord), è ben visibile una pinetina di rimboschimento, sul crinale chiamato còlle de crìstu, forse perché richiama nella forma l'iconografia tradizionale del calvario, il monte della Crocifissione. Un secondo agionimo è stato riscontrato per una vicina località, il còlle ella chjésa, che è un cocuzzolo (1181 m) a confine con il tenimento di Arischia. Tale nome potrebbe riferirsi ad una chiesa di San Giovanni, che sarebbe alla base del toponimo Santo Ianni registrato ad Arischia e presente come San Giovanni sulla cartografia IGM.

8. Le vie per raggiungere la regione dei pianori coltivati, oltre a quella già richiamata, sono due. La prima è la cosiddetta lieméso, ovvero 'la via di mezzo', che parte dalla chiesa cimiteriale e guada a quota 1260 m il crinale che separa l'abitato dai pianori. Questo crinale è chiamato la sèrra, e culmina con una cimetta (1294 m) proprio sopra il paese, fra il valico della via di mezzo e quello della via per il Piano del Monte. Si tratta, infatti, di una montagna di forma allungata e dentellata, il che giustifica la designazione, la quale discende da un latino serra, che in origine significava 'sega'.

9. La seconda via compie un giro più lungo e meno ripido della precedente. Per questo è chiamata liapiàna, ovvero 'la via piana'. Oggidì, essa è stata quasi interamente sostituita dalla carrareccia per Arischia, che ha una deviazione, ad un paio di km da Collebrincioni, che va fino al Casale De Simone.

10. Lungo la suddetta carrareccia per Arischia, appena fuori l'abitato, si trova dapprima la località ji cógli, poi ju pretàle, riportata anche sulle topografiche IGM, col nome Pretale. Il toponimo è un derivato di preta, metatesi dialettale per 'pietra', con il suffisso aggettivale -alis, e vale dunque 'luogo sassoso', eventualmente dove si cavano le pietre per fare la calce.

11. Più avanti, la carrareccia per Arischia tocca la contrada le renàra, che sarà una zona sabbiosa, visto il nome, assente sulla cartografia IGM, il quale risulta derivato da rena (latino harena), con un suffisso -aro/-a corrispondente all'italiano -aio/-a, dal valore collettivo.

12. Oltre la zona in cui la carrareccia per Arischia si biforca, dividendosi dalla deviazione che a destra va al Casale De Felice, le acque scendono nell'imbuto della canalécchja, che corrisponde alla località indicata sulla cartografia IGM come Canalicchio. Il toponimo, derivato da canala 'grondaia' e quindi 'fosso apportatore di acque', nella versione dialettale presenta lo stesso suffisso della variante 'ufficiale', latino -iculus, diminutivo, ma al genere femminile.


La montagna della Stabiata
13. Il montagnone che sovrasta i coltivi della regione del Piano del Monte ha per i locali di Collebrincioni una nomenclatura alquanto confusa ed incerta. Il nome che compare sulla cartografia IGM ad indicare la cima più elevata (1650 m) è M. Stabiata, mentre il costone che guarda il piano è segnato come Vene del Turco. Per i locali, però, non vi è dubbio che il punto più alto del gruppo sia in località vèna egliu tùrcu, che indicherebbe un grosso macigno, in accordo ad uno dei significati che può assumere il termine vena. Tale contraddizione si può spiegare considerando che, per un osservatore situato nel Piano del Monte, probabilmente appare più alta la cima anteriore, che è alta 1628 m, piuttosto che quella retrostante che, in effetti, è più elevata. E la cima di 1628 m si trova proprio sopra la fascia rocciosa che sulle topografiche IGM è detta Vene del Turco. Quanto al toponimo la stabbiàta, essa indica effettivamente la zona attorno alla cima, come confermano i locali di Arischia, e deriva dal latino stabulum, 'luogo concimato', per l'eccessivo carico pascolativo.

14. Un'altra località sulla cimata della Stabiata sono le coróne. Anche per questo toponimo c'è confusione presso i locali di Collebrincioni, ma ad Aragno spiegano che si tratta della valletta situata fra la cima di 1650 m e quella di 1628 m, proprio nella zona dove la cartografia IGM colloca il toponimo Corone. Si tratta di una designazione che allude alla forma di certi mandroni, piuttosto che a qualche caratteristica morfologica del sito, ad esempio alla cresta arcuata della montagna, che 'fa corona' alla sottostante valle della Scendella.

15. La toponomastica della cima si completa con la forchétta che, come riporta bene la cartografia IGM, è un piccolo valico (1590 m) sulla cresta, fra la cima a 1628 m, ed una cima di poco più bassa a 1606 m. Resta il dubbio sull'importanza di questa forchetta (il termine forca indica un intaglio a V), che non sembra trovarsi su alcuna via di interesse per i pastori del monte o per i coltivatori del piano.

16. Passando a descrivere il versante meridionale della montagna che si affaccia sul Piano del Monte, il primo crinale ad est è quello della palarétta, che viene lambito dal sentiero percorso dalla 'Marcia di Primavera'. La variante registrata ad Aragno, pellarétta, non coincide con quella di Collebrincioni, né con quella riportata sulla cartografia IGM, Palaretta, ma sembra più vicina al toponimo originario, che deve essere un collettivo, con suffisso -eta, analizzato successivamente come diminutivo in -etta. Quanto alla base, si può pensare ad un erba lunga, 'pelosa', del tipo del falasco.

17. Più ad ovest, c'è la fascia rocciosa della vèna egliu tùrcu. Qui il nome turco può indicare tanto il 'granturco', che forse si coltiva nella piana, oppure essere un cognome Del Turco che non è ignoto a queste contrade, se si pensa che vicino San Giacomo c'è un Casale Del Turco. Una terza ipotesi, più romantica, si rifà alla tradizione secondo la quale il vicino centro di Arischia venne fondato da esuli saraceni ('turchi') nel sec. X.

18. Sulla stessa fascia altimetrica, le rocce continuano con la località detta la còsta egliu mónde, che coincide con quella che le topografiche IGM denotano come C.ste del Monte. Il termine costa qui si riferisce al 'fianco, esposto a sud' del monte, che è ovviamente la montagna della Stabiata ed, in generale, il territorio 'alto' di Collebrincioni. Si nota la contrapposizione fra i due toponimi lo piàno egliu mónde, località produttiva, coltivata, e la còsta egliu mónde, incolta e secca.

19. Ancora ad ovest, si incontra un vecchio sentiero che sale dal piano, diretto verso le pendici della montagna di San Franco. La località attraversata, all'estremità della zona di Santo Ianni, e non lontano dalla Valle delle Grotte, è quella dei renàji, chiamata C.ste Renali sulla cartografia IGM. Si vede chiaramente che si tratta di un toponimo derivato da rena, tramite il suffisso aggettivale -ale, con palatalizzazione del nesso -li- tipico delle parlate aquilane.

20. Il citato sentiero, dopo i Renali, rimonta il costone di càpu le sìole (Arischia) e giunge nella località del mandróne, dove si trova un grosso recinto di pietra a secco (è questo il significato del termine mandra e dei suoi derivati) di forma circolare (1525 m), dal quale con ogni probabilità deriva il toponimo.

21. A monte della Fonte del Lago, ma sotto la fascia rocciosa, c'è un pendio via via sempre più ripido, caratterizzato da una rada boscaglia, e risalito da un vecchio sentierino. E' la località degli aségli, così chiamata in virtù di un fitonimo dialettale, che indica una pianta spinosa. La versione riportata sulla cartografia IGM, Aselli, è perfettamente etimologica.

22. La stessa zona degli Aselli presenta alcuni canali che solcano la fascia rocciosa e scendono ghiaiosi verso il piano. La località è detta sciricatóre, con un nome d'agente da un verbo dialettale che indica l'azione del 'trascinare, portare a valle'. Poco sotto, nella zona delle Grotte, va segnalato il colle delle scepàra (1197 m) che, come indica il nome, 'separa', forse fra loro due contrade seminative.


La regione del Vasto
23. Percorrendo il lungo sentiero della 'Marcia di Primavera', dopo aver svalicato a quota 1413 m il crinale che unisce la montagna della Stabiata ai Coppi di Aragno, si comincia a scendere nel bacino della valle del Vasto, proprio in direzione dei ruderi di Santa Maria del Guasto e della vicina Masseria Cappelli, che formano il nucleo dell'antico castrum del Guasto. La valle lungo la quale si scende è il fùssu ella mmandola, che corrisponde al F.so della Mandorla riportato sulle topografiche IGM. Il toponimo deriverà dalla presenza di isolati alberi di mandorlo, o per via di qualche cocuzzolo (ad esempio quello a quota 1415 m) che ricorda, nella forma arrotondata, una 'mandorla'.

24. Subito, sulla sinistra, si incontra la confluenza del fùssu e ciammarìche, cioè il 'fosso delle lumache', dallo zoonimo dialettale ciammarìca. Il fosso proviene dalla sorgente della scendèlla, che sta sotto la cresta della Stabiata, a quota 1505 m. Il toponimo, riportato nella forma F.te Scendella sulla cartografia IGM, non deriverà tanto dal verbo 'scendere', quanto da un fitonimo 'centonchio, mordigallina', variamente chiamato scendèlla, scendorèlla, scindarèlla ecc. che in origine si riferisce al versante settentrionale della Stabiata, dove le topografiche IGM hanno Scendella. Tale ipotesi è confermata dalla versione del toponimo registrata ad Aragno, che suona la sciandrèlla.

25. Scendendo ancora lungo il Fosso della Mandorla, a quota 1280 m si può deviare sulla sinistra per la vicina fónde ella spùgna, così detta perché si trova in terreno acquitrinoso, che assorbe come una 'spugna'. Sulla cartografia IGM la fonte non è riportata, così come è assente il nome del fùssu ella spùgna che, dalla sorgente, si getta nella valle di San Franco. E' invece presente il toponimo C.le della Spugna, che indica il cocuzzolo (1491 m) sopra la sorgente, detto in loco còlle ella spùgna.

26. Ad ovest del Fosso della Spugna si trova il fósso elle vètiche, toponimo registrato ad Aragno e ripreso dalla cartografia IGM come F.so delle Vetiche, che deriva dal nome vetica 'specie di pianta dei terreni umidi, vetrice'. Più in là è il còlle fargóne, noto agli Arischiesi, ed ancora oltre una valle che costeggia l'importante bosco della siliétta, uno dei rari boschi da taglio della zona, conosciuto ad Arischia (la soloétta), Collebrincioni e fino ad Aragno (la servétta). Quanto al toponimo, si tratta di un diminutivo (suffisso -etta) di selva che indica un 'bosco dove si fa legna'. La citata valle, inoltre, è ju fùssu ella soloétta per gli Arischiesi, mentre i locali di Collebrincioni pare la chiamino vàlle lùnga, ossia 'valle lunga'.


La montagna d'Orsa
27. Ad oriente dell'abitato di Collebrincioni, si alza ripido e compatto un crinale che la cartografia IGM chiama le Coste. In effetti questo è il nome che i locali di Aragno usano per indicare i magri coltivi nella parte bassa (addirittura vigneti), mentre verso Collebrincioni il pendio è occupato per buona parte da bosco ceduo, che si allunga verso est con dei pini di rimboschimento. Il nome quivi in uso è pertanto la sìja lónga, dal latino silva 'bosco ceduo, da taglio', secondo le regole della fonetica locale (palatalizzazione del nesso -li- derivato dal nesso -lv-). La parte più vicina al paese, a monte della Chiesa Vecchia, è invece detta le màcchje, dal latino macula, nel senso di 'bosco intricato'.

28. L'accidentata cimata del bosco della Selva Lunga culmina con un roccioso cocuzzolo che sulle carte IGM ha nome M. Castellano (1374 m), con una certa confusione rispetto alla toponomastica tradizionale. Infatti, per i locali di Collebrincioni, la cima più elevata è còlle d'órsa. Queso nome si confronta con quello della vàlle d'órsa, diffuso anche ad Aragno, che indica i coltivi situati in una vasta contrada attorno ad una depressione carsica (1287 m), appena ad est della cima, stavolta correttamente segnata sulla cartografia IGM come Valle Orsa. Quanto alla specificazione presente in entrambi i nomi, sembrerebbe essere un semplice zoonimo, che richiama la presenza dell'orso in tempi remoti, ma la struttura del toponimo è tale da far prensare a Orsa come nome autonomo, magari riferito ad una qualche fortificazione in quest'area (ed in tal caso si confronterebbe con Orsa castello diruto sul Morrone), che avrebbe tratto il nome dall'animale, richiamandone la 'forza'.

29. In effetti, un toponimo castellànu esiste presso i locali ma, come già detto, non si riferisce al M. Castellano riportato sulla cartografia IGM, bensì ad un cocuzzolo un po' più basso, punto trigonometrico (1314 m), dominante l'attuale abitato di Collebrincioni. Ben poco si sa della storia antica di Collebrincioni, ma forse qualche indagine permetterebbe di appurare se davvero vi sia stato un castello, magari chiamato Orsa, su questo cocuzzolo, dal quale sarebbe rimasto il ricordo fino ad oggi.

30. Il terzo cocuzzolo della montagna d'Orsa, il più basso (1286 m), si erge fra i due citati. E' detto ène ròsse, mentre sulle carte IGM non ha nome. Il toponimo, 'vene grosse', si riferisce alle rocce sulla cima, dato che il termine vena indica in area aquilana prevalentemente delle fasce rocciose, dove magari stilla l'acqua.

31. L'insellatura fra la cima del Castellano e quella delle Vene Grosse si chiama vàlle egliu marcó (1274 m), e vi si troverebbe una fónde egliu marcó, non segnata sulle carte IGM. Quanto al nome, sembrerebbe un personale locale, soprannome ('Marcone'), ma potrebbe essere in origine un *morcó, accrescitivo di morco 'fusto di querciolo senza rami, mutilo', da murcus.

32. Indicata sulla cartografia IGM (Valle Cerasa) è invece l'altra valletta, coltivata, di vàlle ceràsciu, o ceràscio per i locali di Aragno, che si apre fra il cocuzzolo delle Vene Grosse ed il Colle d'Orsa, e prosegue verso nord, confluendo nel Piano del Monte. Il nome deriva dal latino cerasus 'ciliegio', per via di qualche albero di ciliegio, forse piantato nelle vicinanze dei coltivi.

33. Sulla cresta nordovest del Colle d'Orsa, nei pressi dello sperone roccioso (1277 m) con cui questa termina ai margini del Piano del Monte, si trovano alcuni mandroni, recinti di pietre a secco, segnati anche sulle carte dell'IGM. Tale località dovrebbe corrispondere al toponimo mandrèlla, diminutivo di mandra, registrato per questa zona.


La montagna di Macchia Molina
34. Tutto il crinale compreso fra Collebrincioni, la valle di San Giuliano, le più alte case del quartiere di San Sisto, e la provinciale n° 70 L'Aquila-Collebrincioni è chiamato nel suo complesso màcchja molìna, e così anche sulla cartografia IGM, Macchia Molina. Oggidì il crinale è prevalentemente ricoperto da una pineta di rimboschimento (versante ovest), o macchiato da boscaglia cedua (versante est), e non appaiono tracce di contrade seminative, se non forse sulla cimata, per cui un'origine della designazione da macchia 'boscaglia intricata' e da un derivato di mola 'macina' è a prima vista alquanto improbabile. E' pertanto plausibile una derivazione da un cognome Molina.

35. Va però aggiunto che sul versante occidentale si trova una località chiamata ju stìngu e sulla cartografia IGM Stinco, nome che, se non denota un crinale nudo come un 'osso', potrebbe derivare da una voce del lessico per 'torchio', e forse ancora relativa alla nomenclatura dei cereali, dalla stessa voce longobarda skinka da cui anche l'italiano stinco 'femore'. A complicare la questione, tale località pare indifferentemente chiamata anche ju schìtu, che è un riflesso del latino aesculetum 'fustaia di querce', forse solo per l'assonanza dei due nomi.

36. La cima di questa 'montagna' è costituita da un ammasso di rocce (1171 m) senza nome né sulla cartografia IGM, né sulla carta allegata alla guida 'Arca', che i locali indicano col curioso nome di mórge llacché. Se il termine morgia è chiaro, essendo un continuatore del latino murex, -icis 'scoglio', il secondo termine sarà un soprannome locale, riferito ad un 'lacchè' vero e proprio o ad un personaggio particolarmente servile.

37. Un'appendice della montagna di Macchia Molina è costituita da un piccolo altopiano, che divide l'abitato di Collebrincioni dalla regione del Macchione di Arischia. Si tratta delle contrade seminative delle licénne, ossia 'le vicenne', terreni coltivati a rotazione (latino vicendae), e della lisciòla, 'la visciola'. Entrambi i toponimi sono presenti sulla cartografia IGM, il primo come Licenne, senza un corretto adattamento, il secondo come Visciola che corrisponderebbe, secondo la guida 'Arca', ad un dialettale vasciòla, forse registrato ad Arischia. Questo nome sembra, invece, un derivato di biscia, forse per via della forma a zig-zag della valletta. La cimetta che domina la zona, a quota 1146 m, caratterizzata da un ampio mandrone, è chiamata còlle ell'isciòle.

38. Fra queste colline ora descritte, ed il blocco principale di Macchia Molina, alla periferia di Collebrincioni si apre il pràtu murànu, una estensione prativa che prende il nome da un antico toponimo fondiario, visto il suffisso -ano, presumibilmente da un personale Maurus. Sulla cartografia IGM, il toponimo è presente correttamente come Prato Murano.

39. Quanto alla vallata che delimita ad est la montagna di Macchia Molina, che forma la parte più alta della valle di San Giuliano, è detta vàlle sfrìzzoli, con una designazione non troppo genuina, che si confronta col nome della rótte sfrìzzoli, una grotta segnata sulla cartografia IGM.

40. Passando lungo la carrozzabile L'Aquila-Collebrincioni, che chiude ad ovest la montagna, si trova dapprima, dopo una serie di tornanti, la località della còna, così detta dalla presenza della cappella della Madonna della Cona, associata al culto di una immagine sacra (icona).

41. Dirimpetto alla cappella, dall'altra parte di un fossato che passa sotto la strada, si innalza il colle delle nucèlle (906 m), ossia delle 'nocciole', indicato come C.le Nocelle sulla cartografia IGM. Poco sotto la cimetta, si trova uno spiazzo che la guida 'Arca' indica convenzionalmente come Quadrivio di Colle Nocelle, poiché vi si incontrano le vie provenienti da San Sisto, dalla Madonna della Cona, dalla Madonna Fore e dal km 3,400 della provinciale per Collebrincioni. In realtà, i locali di Collebrincioni conservano il nome tradizionale della località, che è ju jùhu, ovvero il 'giogo (montano)', perché si tratta di una insellatura fra il suddetto colle ed un più elevato dosso (948 m) che si stacca dal corpo principale di Macchia Molina. Il toponimo deriva dal latino iugum 'giogo'.

42. Più avanti lungo la provinciale per Collebrincioni, si passa attraverso lo slargo delle cambetèlle, località che corrisponde ai Campitelli della cartografia IGM, col nome che è un diffuso derivato di campo, nel senso di 'luogo pianeggiante'. Sulla destra, le pendici della montagna sono ricoperte dal ceduo della sérva, fino alle porte di Collebrincioni. Il nome, riportato come la Selva sulle carte IGM, è un chiaro riflesso del latino silva 'bosco (dove si fa legna)'.


Il Monte Verdone
43. Fra Collebrincioni, Aragno e San Giacomo, quartiere pedemontano dell'Aquila, si estende un'ampia regione di dossi , campi, e vere e proprie montagne, culminante con la cima del mond'ordó (1144 m), ovvero il M. Verdone della cartografia IGM, che presenta tracce di un cospicuo insediamento sulla sommità e che, secondo quanto dice Clementi sulla guida 'Arca', sarebbe il sito del primo insediamento demico della zona. Quanto al nome, che è presente già come M. Verdone nell'Atlante di Rizzi-Zannoni (1808), non ha riscontri noti nell'Appennino Centrale, ed è pertanto oscuro, anche se ovviamente può essere accostanto in qualche modo all'aggettivo verde, come suggeriscono le attestazioni cartografiche, ma non quella dialettale.

44. Alle pendici del Monte Verdone, verso Collebrincioni, si trova il cocuzzolo di sàndo biàscio (1053 m), ovvero San Biase riportato nella cartografia IGM, che pure ha ospitato una fase della storia di Collebrincioni, immediatamente antecedente alla diruzione. A quota 1049 m, una croce ricorda ancora il vecchio sito dell'abitato.

45. Con la carrozzabile da Collebrincioni ad Aragno, si aggira da nord la mole del Monte Verdone. Appena fuori dall'abitato, si passa a monte della contrada della pagliàra. Qui doveva esistere, stando al toponimo, qualche modesta abitazione, del tipo detto nell'aquilano pagliara, usato solo stagionalmente. E forse il nome si riferisce all'ultima fase prima della diruzione del castrum di Collebrincioni, e del nuovo insediamento nel sito attuale. Altre costruzioni isolate si trovano a monte della strada per Aragno, e sono note come ji casajìni, ovvero 'i casalini', da un diminutivo di casale.

46. A confine fra il tenimento di Collebrincioni e quello di Aragno, lungo la carrozzabile che collega i due centri, si trova la depressione carsica del càmbu, chiamata il Campo sulle carte IGM. Si tratta, in effetti, del significato più prolifico della voce campo, che indica un pianoro dissodato. Dal piano, un sentierino sale alla valletta della palommàra, nei pressi di San Biagio. In questo nome si trova un collettivo di palombo, il 'colombo selvatico', forse anche con riferimento a qualche colombaia.

47. Il cocuzzolo che segna il confine fra il tenimento di Collebrincioni è il còll'abbrùfu (1028 m), chiamato C.le Abrufa sulle carte IGM, che potrebbe riflettere un personale germanico (ne è spia la -f- intervocalica), con preposizione ad agglutinata al nome.

48. Le pendici orientali del Monte Verdone sono oggidì raggiungibili per mezzo di una carrozzabile proveniente dalla chiesa di San Giacomo (sandujàcu) alla periferia settentrionale dell'Aquila. In questa zona, che in passato faceva parte del tenimento di Collebrincioni, si trova anche l'antico villaggio di Sant'Onofrio (sand'onófre), che si raggiunge con una ripida stradina asfaltata. In cima ai ruderi svetta il cocuzzolo (980 m) con punto trigonometrico, chiamato C.le S. Onofrio sulla cartografia IGM. Ma la quota massima è una cimetta gemella, a 982 m.

49. Seguendo da San Giacomo una strada asfaltata di recente, si perviene alle Case Strina, altro rione non lontano dallo svincolo L'Aquila Est dell'autostrada A24. Più a monte, si trova un altro gruppo di case attorno alla fónde ròssa (IGM F.te Grossa), la cui struttura ricalca in piccolo la Fonte Vecchia di Collebrincioni. Ad ovest di queste case, si estende la contrada seminativa di puscignànu, riportata come Pescignano sulla cartografia IGM. In realtà il toponimo è di formazione prediale, da un antroponimo tipo Pucinius.

50. La strada urbana termina alla Fonte Grossa, continuando come carrozzabile in direzione di una grossa cava di sabbia (898 m). In questa zona si trova la località detta fémmina mòrta, con una formazione assai diffusa, la quale non è chiaro se derivi da un episodio ivi accaduto, o dalla forma da 'bella addormentata' di un certo crinale, o ancora per paretimologia da qualche oscura voce.

51. Ad ovest della strada, qui si estende la contrada delle ginèstre, che corrisponde al toponimo Le Ginestre della cartografia IGM, di trasparente significato. Imboccando, invece, la deviazione proposta dall'itinerario 2C della guida 'Arca', costituita da una stradina interpoderale, si passa la contrada delle castàgne, una valletta boscata a castagneto, come indica la carta IGM, la quale riporta il toponimo le Castagne. Si tratta di un riflesso del latino castanea, 'castagno', che vale 'castagneto, bosco di castagni'.

52. Sulla sinistra, salendo, si ha un accidentata crestina (1028 m) che costituisce il margine meridionale del tavolato di frólla, culminante con la quota 1060 m, il còlle de frólla, vicino al cocuzzolo indicato come C.le Frolla (1058 m) sulla cartografia IGM. Appena sotto, si estende la pianùra de frólla, con qualche muretto a secco. Entrambe queste designazioni fanno riferimento alla consistenza del terreno, essendo formate con l'aggettivo frollo 'tenero, morbido'.

53. La deviazione dell'itinerario 2C della guida 'Arca' risbuca sulla carrozzabile in corrispondenza delle vigne della contrada le caminòle, una piccola pianura che si estende ad est del tavolato di Frolla. La cartografia IGM riporta il nome Caminole, che formalmente sembra un diminutivo (suffisso -olus/-a) di un nome *camina che potrebbe a sua volta rientrare nella serie formata dal tema *cam- preromano (si confronti il nome della vicina Camarda), per il quale potrebbe ipotizzarsi un generico significato di 'cespuglio'.

54. Dalle Caminole, si può svalicare all'ampia insellatura formata dal Monte Verdone a nordest, e dal Colle di Frolla a sudovest (988 m), scendendo poi nell'imbuto della retónna, dove si raccolgono le acque che confluiscono nella vallata percorsa dalla provinciale n° 70. L'origine del toponimo è chiara, dall'aggettivo rotondo (come riportato dalla cartografia IGM, la Roronda), mentre da un punto di vista semantico l'appellativo potrà fare riferimento alla forma dell'imbuto.