Termine (Cagnano Amiterno)

Appunti sul paese

La frazione del Termine appartiene al comune di Cagnano Amiterno, per il quale si veda il capitolo dedicato a Fiugni. Il dialetto del centro è di tipo reatino.

Il toponimo deriva dall'appellativo termine, nel significato di 'pietra di confine' o semplicemente 'confine'. In questo caso indicherà l'ultimo avamposto del contado cagnanese verso la montagna. Possiede una parrocchiale del sec. XVIII, intitolata alla Natività di Maria.

Oggidì, al Termine viene associato il territorio di quello che un tempo era un castello autonomo, Cascina. Nato come insediamento rurale, come testimonia il toponimo che è un riflesso della voce cascina 'casale rustico', venne incastellato anteriormente al sec. XII, giacché di questo periodo è la prima attestazione (...Classinam...). Il castrum, del quale rimane il nome e qualche rudere in una località su una cresta a 1080 m, partecipò alla fondazione dell’Aquila, erigendo la chiesa di Santa Maria nel locale assegnatogli, ma già all’inizio del sec. XV risulta diruto completamente. Rimane però Cascina come centro sparso, normalmente abitato fino ai giorni nostri, anche se oggi solo come insediamento stagionale.

Mentre non vi è traccia della chiesa pievana di Santa Maria, restano numerosi casali sparsi a testimonianza della villa che, ancora nel sec. XVI, era stabilmente abitata. Del sec. XVII è il casale fortificato Dragonetti, situato nel mezzo della piana.

Appunti sul territorio

Il tenimento del Termine occupa buona parte del territorio montano del comune di Cagnano (il resto è pertinenza di Fiugni e San Pelino), ed è interamente compreso nel versante orientale del massiccio di Monte Cavola.

Dal punto di vista idrografico, la montagna di Termine appartiene al bacino endoreico di Cascina-Palarzano, che fa capo allo gnottetùru (993 m) situato in Palarzano. Tale bacino è delimitato verso est dall'allineamento formato dalla montagna del serró, culminante con il còlle dellu ceràsciu (1410 m), e dalle macìnnole (1529 m) di Borbona, il quale allineamento funge da spartiacque con l'altro bacino di Santo Nunzio. Verso nord, ancora le macìnnole ed una serie di cocuzzoli sopra Vallemare, separano dalla valle del Velino. Verso ovest, è la catena principale di mónde càole, sulla quale spicca il cocuzzolo degli jaccìtti (1805 m), a dividere dagli impluvi che confluiscono nella valle di Antrodoco. Verso sudest c'è il valico stradale della Croce dei Casalini a separare Cascina dalla valle di Forcella, mentre la montagna dei pìzzoli (1316 m), con la cima della sélva (1274 m) e la montagna del làtu (1275 m), fanno da spartiacque con il bacino dei prati di Foce. Il cerchio si chiude con la soglia carsica dove sorge Termine, che chiude a nord il piano del Termine, appendice dei pianori di Cascina e Palarzano, e che si collega con il mónde (dellu tèrmine) (1263 m) e quindi con il serró, a separare dal piano di sàndo nùnzio pertinente a Fiugni. Una ulteriore cresta separa poi fra di loro i piani di Cascina e Palarzano. E' la cresta dell'appacìma che si innalza a 1104 m, per poi abbassarsi leggermente ed impennarsi infine verso il territorio borbonese. Un altro piccolo bacino chiuso, la regione di cìnnu, si estende, inoltre, ai confini con Antrodoco.

In una zona così caratterizzata dai fenomeni carsici, le acque sono rare, e ben poche le sorgenti. L'ottima fonte di calabbrìttu si trova nei pressi del fùssu de àlle lónga, il maggiore dei valloni che solcano il versante settentrionale di mónde càola. Nei pianori, invece, e specialmente in quello di Cascina, sono numerosi i pozzi. Delle importanti emergenze storico-architettoniche nella piana di Cascina, si è parlato nel capitolo relativo a Fiugni.

Gli itinerari proposti dal CAI nella zona sono il n° 9, che va a Cinno, il n° 11 sulla cresta del Serrone, il n° 12 sulla cresta dell’Appacima, il n° 15 alla cima del Monte, nonché porzioni delle traversate TR3-TR4 verso la cimata di Monte Cavola, e TR1 alla cima della Selva.

La toponomastica

La montagna del Lato
1. Il territorio del Termine confina a sudest con quelli di Colli di Barete e Forcella di Preturo. La montagna che si incunea in questo angolo è un allungato crestone, occupato da bosco in buona parte del versante orientale. I locali del Termine chiamano la montagna, e specialmente il bosco che è attraversato da una mulattiera, lu làtu, così come a Colli è ju làtu. Nella guida CAI il toponimo è interpretato come un aggettivo jelàtu 'gelato'. Più probabilmente, è un riflesso del latino latus, lateris 'lato, fianco', nel senso di 'fianco di monte', e si confronta con un analogo toponimo presso la vicina Barete (Aq). Nell’Atlante di Rizzi-Zannoni (1808), si trova l’esatta designazione dialettale, Lato, mentre sulla cartografia IGM, a partire dal secolo scorso, viene usata la versione M. Lato.

2. La rocciosa crestina (1275 m) con cui culmina la montagna del Lato è detta gli scógli elle mònache, ma è ignota l’origine di tale designazione, che richiama l'appellativo scoglio, inteso come 'roccione' e sembra alludere alla proprietà di un convento di monache. Un breve impluvio che solca il versante settentrionale della crestina, sopra la Conca, è lu fùssu de tomacàlli, così chiamato dal comune appellativo fosso e un soprannome locale. La valle, piú lunga, di valloriàna chiude invece il lato occidentale della montagna del Lato.

3. Alle pendici ad oriente della montagna, a confine con Colli, c’è una serie di casali semidiruti molto vicini fra di loro. La località è quella delle peschjàra, alla quale si sale sia da Colli (sentiero CAI n° 16), che da Fossatillo (sentiero AG3) attraverso un bosco di giovani castagni (li castagnóli). Quanto al toponimo, si tratta di un derivato di peschio ‘macigno, grosso masso’, voce di origine italica molto vivace nella toponomastica. Il genere femminile plurale deriva da un precedente neutro plurale.


La montagna dei Pizzi e della Selva
4. A sud dell'abitato, terminata la piana ai bordi della quale sorge Termine, si innalza il boscoso crinale della sélva (1274 m), un crinale piuttosto ripido dal lato che si affaccia sul paese, ma che dall’altra parte degrada con minor pendenza. Il versante nord è occupato da un vasto bosco ceduo, da cui il nome, che riflette l'appellativo selva, derivato dal latino silva. La guida CAI riporta una dizione dialettale la Siola, mentre la versione ufficiale IGM ricalca quella etimologia, la Selva. A poca distanza dalla cima, interamente ricoperta dalla vegetazione, si trova il Casale Baiocco (1252 m), con attiguo pozzo, al quale si perviene seguendo l’itinerario CAI n° 16 da Colli, o il n° 16A dalla Forcella.

5. Al di là della cimata della Selva, il bosco lascia spazio ad ampie radure ed acclivi vallette, alcune delle quali erano un tempo coltivate. Si tratta della località delle fósse, che appartiene orograficamente al bacino dei prati di Foce. La cartografia IGM riporta pure il toponimo Fosse, il quale dipende dalla morfologia del sito, ovvero dall'appellativo fossa.

6. A sudest delle Fosse, oltre un pianetto dove si trovano i ruderi di un casale (1223 m) con pozzo, si eleva la boscosa montagna che culmina con la cima dei pìzzoli (1316 m), la più elevata della zona. E’ questa una cresta rocciosa, nota anche alla Forcella, dove è però chiamata ji pìzzi, nome che è stato ripreso sulle carte IGM, che riportano i Pizzi, e fin nel 1808 dall’Atlante di Rizzi-Zannoni, nella versione ‘dialettaleggiante’ li Pizzi. Il toponimo riflette l'appellativo pizzo che indica una ‘punta rocciosa’, esteso con il suffisso diminutivo -olo nella designazione in uso al Termine.

7. Dal nodo orografico dei Pizzi si diparte una cresta che si allunga verso il piano di Palarzano. Sul versante settentrionale, che guarda il piano, si apre l’imbuto prativo della fóssa de colélla (1082 m), con vicino il Casale Nicoletta (1106 m), forse collegato al Colella (cognome o soprannome, diminutivo di Nicola) legato alla designazione della fossa. Sul versante meridionale, che invece si affaccia sulla piana di Cascina, si stende il pendio delle cerréte, sul quale si trovano diversi mandroni. Evidentemente si tratta di pascoli ricavati dopo taglio o abbruciamento di un bosco di cerri, dal che deriva il toponimo. La parte bassa è anche nota come péi cerréte: entrambe le designazioni sono sate riprese nella cartografia IGM, con cambio di genere dal femminile al maschile, Cerreto, F.so Piedi Cerreto.

8. L’allungata cimata del crinale che si stacca dai Pizzi reca il nome di Cima Pioria sulle carte dell’IGM. Il nome suona effettivamente cìma piòria anche in bocca ai locali. Pertanto, oltre l'ovvio appellativo cima, il toponimo va inquadrato nella serie dei nomi formati con un primo elemento pìa, da piaia ‘piaggia, pendio’, derivato del latino plagia. Tali nomi sono diffusi al Termine ed a Fiugni, ma in genere il secondo elemento è poco chiaro, come in questo caso.

9. Più defilato sulla cresta occidentale dei Pizzi, è il còlle pelùsu (1084 m). Dalla presenza di lunghi ciuffi erbosi sul colle dipenderà l’aggettivo peloso contenuto nel toponimo, il quale non è riportato sulla cartografia IGM. Tali carte hanno invece un C.le Lungo (1080 m) per l’ultima elevazione della cresta, a ridosso del valico stradale di quota 1008 m, ma tale denominazione è sfuggita agli informatori di Cascina.


La regione di Palarzano
10. Se si proviene in macchina dal Termine, oltre il valico stradale di Santa Maria delle Piagge (1070 m), si estende il lungo piano di palarzànu che, in direzione nordovest, arriva fino ai confini regionali con Borbona. Nel piano esisteva un insediamento umano in epoca medievale, amministrativamente dipendenza del castrum di Cascina, e poi andato disperso insieme con la diruzione di questo. Per spiegare il toponimo, occorre osservare che la formante -ano è tipica dei nomi prediali, derivati da un personale latino, ma la base non è chiara. A titolo di ipotesi, si può proporre un Palatius, da cui *Palazzano, dissimilato in seguito in Palarzano. Sulla cartografia IGM è riportato semplicemente Palarzano. Va ancora ricordato che con il nome la còsta de palarzànu si indica il lungo pendio, localmente costa, ad est del piano e a solagna, facente parte della montagna del Serrone.

11. Al centro del pianoro di Palarzano si trova un inghiottitoio (993 m), detto in loco semplicemente lu gnottetùru, che raccoglie le acque meteoriche ed apportate da alcuni impluvi. All’estremità settentrionale di Palarzano, scende il lungo fosso di rosàriu, proveniente dal territorio di Borbona. Il toponimo è riportato come V.ne di Costa Rosata sulla cartografia IGM, dipendendo chiaramente dal nome Costa Rosata, che ne indica il versante a nord, già presente nell’Atlante di Rizzi-Zannoni (1808). Il nome dialettale mostra la stessa base, rosa ‘rosa canina’, ma diverso suffisso, latino -arius. La genuina designazione deve essersi poi incrociata con l’agionimo rosario, da cui è derivato il toponimo. Il nome storico riflette invece l'appellativo costa 'pendio'.La foce del vallone di Rosario nella piana è anche detta càpe àlle. Qui capo indica la ‘parte alta’, mentre l'appellativo valle è riferito alla piana di Palarzano.

12. Seguendo la strada per Cascina dall’abitato del Termine, attraversata la piana si passa non lontano dal ricovero della capanna (999 m) e si superano gli sbancamenti che tagliano il còlle dellu congéssu (1018 m). Questo toponimo è significativo, essendo composto con un probabile participio passato di un latino *concaedere, derivato di caedere 'tagliare' (da cui l'appellativo cesa), con riferimento al taglio di un boschetto che qui doveva esistere in precedenza.

13. Il piano di Palarzano ha una ampia appendice nella arcuata vàlle marinélli, ampiamente coltivata. Questa designazione riprende un personale locale, come conferma l’IGM Valle Marinelli, mentre l'appellativo valle indica qui un 'pianoro coltivato'. Ai margini della piana di Valle Marinelli, la strada per Cascina passa accano ai resti di un mulino (1005 m), che ha dato il nome ad un colle sovrastante detto còlle dellu molìnu (1090 m), riportato anche dalla cartografia ufficiale come C.le del Molino.


La regione di Cascina
14. Dopo il valico del Colle del Molino, la carrozzabile proveniente dal Termine entra nel piano di Cascina. Dopo circa 1 km, si ha una secca curva a gomito verso sinistra, in corrispondenza del bivio con una sterrata che conduce all'agriturismo Casale Antonacci ed ai ruderi del Casale Dragonetti. Seguendo la sterrata, si ha sulla sinistra, ai margini della piana, il còlle delli guardiàni (1062 m), un promontorio che sovrasta il Casale Dragonetti. Il nome sarà in relazione con il fatto che il casale era ‘fortificato’, e forse munito di un posto di guardia sul colle sovrastante.

15. Sulla ampia insellatura che salda il Colle dei Guardiani al costone boscoso ad est di Cinno, si trovavano alcuni appartati coltivi, nella località detta l’àlle (‘la valle’), perché affacciata su un imbuto che si apre più in basso, ai margini della piana. Al di là del promontorio, invece, le pendici del bosco prendono il nome li ferràri, evidentemente per via del colore della terra, che richiama quello rosso della bauxite, in relatà minerale dell’alluminio e non del ferro.

16. Più a nord, laddove la cartografia IGM colloca il toponimo Vicenne di Franze, si estende il vastissimo bosco ‘del Marchese (Dragonetti)’, detto anche la màina, dal latino imago, -inis 'icona, immagine votiva', con riferimento ad una qualche cappelletta.

17. Il Bosco del Marchese si distende sulla piana con una serie di cocuzzoli, uno dei quali (1205 m) si trova proprio a ridosso della piana. Si tratta della zona dei cóppi, sulla cartografia IGM i Coppi. La designazione riprende una voce geomorfica coppo, la quale assume diversi significati a seconda delle zone, a volte contrastanti come ‘dosso’ e ‘avvallamento’; al femminile, coppa, diventa misura agraria molto usata nell’aquilano. Alle pendici dei Coppi, la piana assume il nome di péi li cóppi, ‘piedi i Coppi’, mentre una vicina porzione reca l’enigmatico toponimo caccèrra.

18. Oltre il Casale Antonacci, la sterrata che attraversa la piana di Cascina entra nella lunga vàlle della méla, dove trova anche un fontanile (1177 m). Il toponimo è ripreso dall’IGM Valle della Mela, e sembra proprio indicare la presenza di alberi di melo, magari nella parte più bassa della valle. Questa ha però il nome specifico le cardéta, collettivo del fitonimo cardo, latino carduus, al femminile plurale per influsso di un antico neutro plurale. La cartografia ufficiale riporta un fuorviante Gardete, collocato più a monte, dove è fitto bosco.

19. La Valle della Mela riceve, a quota 1086 m, l’impluvio della vàlle dell’orticàra, proveniente dai confini con Borbona. Il nome deriva dal fitonimo ortica, attraverso un derivato col suffisso -arius usato in senso collettivo. Una adattamento coerente ma non etimologico della voce dialettale si trova nel toponimo IGM F.so dell’Orticara, giacché in italiano sarebbe orticaia. Sulla sinistra orografica della Valle dell’Orticara, raggiunta da una mulattiera, si trova una radura nel bosco, nella quale c’è un casale (1221 m). Si tratta della località nota col nome di piàzza de berlìccu, dal soprannome del proprietario. L'appellativo piazza è usato generalmente proprio ad indicare delle radure nel bosco.

20. Passando ad esaminare le località nella parte meridionale della piana, che si incontrano procedendo lungo la strada provinciale, dopo il bivio per il Casale Dragonetti si lambisce la porzione della piana detta lésche lónghe. Il toponimo, riportato anche sulla cartografia IGM come Lesche Longhe, è derivato del fitonimo latino lisca, qui nel senso di 'erba dal bordo tagliente', probabilmente una varietà di carice.

21. Più avanti lungo la provinciale, si attraversa la località della icènna ritrovàta, nota anche alla Forcella con la variante vicènne retroàta. La cartografia IGM riporta semplicemente Vicenna, ed in effetti la designazione riprende il termine vicenna di ambito agricolo, indicante un ‘terreno a rotazione’. L’aggettivo ritrovata non è del tutto chiaro; forse allude ad un terreno prima abbandonato e poi coltivato di nuovo.


Il Monte Cavola (cresta Ovest)
22. A Cagnano appartiene un'ampia porzione della montagna nota come mónde càola, che ha la sua massima elevazione a quota 1898 m, in territorio di Scoppito, del cui nome si è ampiamente discusso nell’Introduzione. Le pendici settentrionali di Monte Cavola si affacciano al piano di Cascina, a partire dal confine con la Forcella. A partire da est, il colle di màcchja lónga (1247 m) si erge sul confine comunale. Il colle è rivestito da bosco su buona parte del suo versante settentrionale, da cui viene il toponimo, formato col termine macchia, latino macula ‘macchia’, passato ad indicare una ‘boscaglia intricata’.

23. Alle pendici del colle di Macchia Lunga, si trova la località nota come li spìni de tomàssu, anche alla Forcella. Il toponimo indica che si tratta delle foci di numerosi valloncelli, riempiti da cespugliame spinoso (spini). Il secondo termine è un personale locale.

24. Più ad ovest, si apre il profondo alló de gabbrièle, senza nome sulla cartografia IGM, un vallone che si incunea nel bosco, dividendosi in tre rami. Fra i primi due, c’è un vecchio sentierino che risaliva il costone delle cèse. Questo toponimo, ripreso due volte dall’IGM (le Cese, Cese) si riferisce all’esteso bosco che occupa il versante nord di Monte Cavola, ed assume in questo caso il significato secondario di cesa, ossia ‘bosco ceduo’.

25. Alla foce dei tre rami del Vallone di Gabriele, si alza improvvisamente il cocuzzolo del còlle della crapétta (1154 m). Il toponimo sembra trasparente, crapétta essendo la variante metatetica di capretta.

26. Fra il secondo ed il terzo fosso del Vallone di Gabriele, in alto verso la cimata, si trova l’importante rótta dell’ùrsu (1588 m). La grotta è riportata dalla carta allegata alla guida CAI, ma non nella cartografia IGM. Come altri analoghi toponimi, questo ci ricorda la presenza nel passato dell’orso in tali contrade.

27. Ad ovest del Vallone di Gabriele, un altro colle (1190 m) si distende verso la piana di Cascina, sopra le Lesche Lunghe. Il suo nome, còlle delli cérri, è presente anche sulle carte IGM (C.le dei Cerri) e si riferisce alle piante di cerro nel bosco che ricopre buona parte della collina.


La Valle Lunga
28. Il sentiero CAI n° 9 e la traversata TR3 percorrono l’ampio solco vallico che chiude a nord la catena di Monte Cavola, introducendo nella regione pianeggiante di Cinno. Questo solco è chiamato vàlle lónga dai locali del Termine, che in questa maniera hanno posto l’accento sulla lunghezza della valle, superiore a quella degli altri impluvi che solcano il versante nord della montagna. La cartografia IGM riporta il toponimo F.so di Vallelunga, che richiama il dialettale lu fùssu de allelónga, che però dovrebbe indicare solo la foce del vallone.

29. Dal bivio sulla provinciale per il Casale Antonacci, il sentiero CAI attraversa la porzione della piana detta cèsa felìce. Questi prati saranno stati acquisiti al pascolo grazie all’abbattimento di una porzione di bosco, come ci indica l’appellativo cesa, mentre la specificazione è un personale "Felice".

30. Ai margini dell’attuale limite del bosco, si incontra sulla destra una deviazione per l’ottima fonte di calabbrìttu (1145 m), senza nome sulla cartografia IGM che però riporta il toponimo Calabritto. Il tipo toponimico calabretto (la variante locale ha subito metafonia da -u) riflette un latino *calabrictum, forma collettiva di un fitonimo calabrix, -icis, specie di pianta selvatica, da cui anche il nome di Calabritto (Av).

31. Subito dopo il bivio per la fonte di Calabretto (1087 m), si incontra sulla sinistra una seconda biforcazione. Seguendola si sale con la vecchia mulattiera che va a Cinno, ripresa dall’itinerario CAI n° 9, lungo una valle senza nome sulla cartografia IGM, indicata come Fossato di Cinno sulla carta allegata alla guida CAI, ma che i locali chiamano la vàlle dell’arcionàri. Il toponimo sembra richiamare un personale arcionaio ‘sellaio’, nome di mestiere.

32. Sulla destra del bivio di quota 1087 m, si prende una recente carrareccia e poi un sentiero nel bosco che porta allo scoperto, al ricovero dello jàcciu de preóre (1411 m), con vicino pozzo inefficiente. Il tipo toponimico iaccio significa ‘stazzo, ricovero temporaneo per l’allevamento’ e deriva dal verbo latino jacere ‘giacere’. Altri iacci si trovano più a monte, lungo la cresta ovest di Monte Cavola. Nei pressi del dosso più alto (1805 m), che costituisce la massima elevazione del comune di Cagnano, è la località li jaccìtti, ‘iaccetti’, mentre più ad est, la sella (1687 m) che prelude alla salita sulla cima della montagna, è detta jàcciu rànne, ovvero ‘iaccio grande’.

33. Poco a monte dello Iaccio di Priore, si nota il boschetto della macchjarèlla tónna. Il nome si compone di un diminutivo di macchia 'bosco', con l'aggettivo tondo che allude alla forma.


La regione di Cinno
34. Il sentiero CAI n° 9 passa inizialmente alla sinistra orografica della Valle degli Arcionari, su una zona ripida e brecciosa il cui nome è riportato nella guida CAI, il Renaro. Più avanti, la mulattiera si porta sull’altro versante del vallone, attraverso il guado (1310 m) del Passo Scomodo (passo indica nella toponomastica dell’Appennino Centrale il ‘guado’). Si giunge quindi ad una ampia insellatura (1353 m) dove passano i confini comunali con Antrodoco, che costituisce l’ingresso nel vasto altopiano di Cinno. Il nome è più volte riportato dalla cartografia IGM (Cinno, Fonni di Cinno) e può, in via ipotetica, farsi risalire ad un personale romano Cinus, senza suffissazione.

35. La vasta montagna che si estende a nord dell’altopiano di Cinno culmina con la quota 1617 m dove passano i tre confini di Cagnano, Antrodoco e Borbona. La cima è senza nome sulla cartografia IGM, ma un po’ tutta la regione appare poco frequentata e conosciuta dagli stessi locali, almeno per quanto riguarda il versante di pertinenza del Termine. Il toponimo li coppìtti è stato registrato per questa zona (IGM i Coppitti), ed indica la successione di piccoli coppi, ovvero di ‘dossi’ che formano la crestina culminante con la cima anonima già citata.

36. Verso est Cinno confina con un crestone, ricoperto da bosco sul versante opposto che guarda la piana di Cascina. La cartografia IGM riporta il toponimo Prata Gambazzitto, che potrebbe riferirsi ad un soprannome locale ‘gambazzetto’, ma sulla bocca dei locali il nome della località è piuttosto rambazzìttu, da accostare ad un personale romano-germanico Rampo.


La montagna dell'Appacima
37. I piani di Cascina e di Palarzano sono separati dalla affusolata cresta dell’appacìma, lunga quasi 4 km. Il nome dialettale è un incrocio fra i termini cima e appacina, quest’ultimo riflesso del latino (terra) opacina, nel senso di ‘luogo in ombra, esposto a nord’. Il toponimo pertanto si riferirà in origine al versante settentrionale del crinale, quello che guarda il piano di Palarzano. Invece sulla cartografia IGM il nome Pacima è applicato al versante di Cascina, mentre il nome Piedi Pacima si trova sul lato nord.

38. La presenza più cospicua sulla cresta dell’Appacima è senz’altro costituita dai ruderi del castello di Cascina, che si trovano nella località nota ai locali come castellàcciu (1085 m), con un accrescitivo (suffisso -accio) che indicherebbe l’estensione dell’antico castrum. La carta topografica regionale ha invece aggiunto il toponimo il Castello che mancava nella cartografia IGM.

39. Nei pressi del Castellaccio si transita seguendo l’itinerario CAI n° 12, che parte in corrispondenza del Colle del Molino, e percorre tutta la cresta dell’Appacima, diretto ad una cimetta in territorio di Borbona. Un più antico itinerario, invece, partiva da un gruppo di casali (1028 m) ai margini della piana di Cascina e, ad ovest del Castello, si biforcava con una via che scendeva a Palarzano. Era detta questa mulattiera la ìa della càja, con caia più probabilmente nel senso di ‘recinto’ che di ‘cavità’, entrambi significati contenuti nel latino cavea, da cui la designazione dialettale deriva.

40. La zona nella quale la cresta dell’Appacima si salda ai monti di Borbona è la località li collàcchi, un pendio boscoso ad est della Valle dell’Orticara. Il nome è un chiaro derivato di colle, attraverso un suffisso -acchio dal valore accrescitivo.


La montagna del Serrone
41. Ad est del piano di Palarzano, si estende una regione accidentata, caratterizzata dal piccolo pianoro di Santo Nunzio, ad una quota media di 1120 m, per lo più pertinente al tenimento di Fiugni. Il crinale compreso fra i due altipiani si innalza dal valico stradale di Santa Maria delle Piagge (1070 m), ed è percorso in buona parte dal sentiero CAI n° 11, diretto alla cima delle Cese, in territorio borbonese. Percorrendo il sentiero, si domina dall'alto la solagna del piano di Palarzano, superando una prima elevazione (1129 m) e quindi scendendo nella depressione della fóssa rànne (1087 m), una fossa nel senso di ‘luogo cavo’, con vicino alcuni vecchi coltivi.

42. Riprendendo quota, si guadagna una carrareccia proveniente dal Vallone di Piatta (1123 m), a breve distanza da un acclive valletta coltivata, poco sopra un casale (1005 m) situato ai margini del piano di Palarzano. Si tratta della zona nota come cérri de làrdu, dove doveva esistere in passato un cerreto, probabilmente in seguito tagliato per permettere qualche magra coltivazione. L’appellativo làrdu è forse un personale ("Leonardo" ?), ma sulla cartografia IGM il toponimo è riportato come Cerri di Rardo.

43. Proseguendo lungo il sentiero CAI n° 11, si perviene nella vàlle delli scarpellìni, dove è un importante insediamento pastorale (1138 m). Questo prende il nome ‘degli scalpellini’ da quella che forse era una delle attività collaterali all'allevamento, ossia la cava delle pietre.

44. Ai margini della Valle degli Scalpellini, la carrareccia del sentiero CAI n° 11 si biforca: se, invece di scendere nel pianoro, si prosegue a sinistra, si vanno a toccare le località arbustive di nienébberi - a sinistra - e della nnammoràta - a destra -, prima di giungere al casàle de màriu (1165 m). Il nome della prima località è composto da una preposizione in agglutinata ad un riflesso locale del latino juniperusginepro’, mentre il secondo toponimo pare proprio che valga ‘l’innamorata’.

45. Dal Casale di Mario comincia l’impennata della montagna nota ai locali del Termine come lu serró, con un accrescitivo del termine geomorfico serra che, dal latino serra ‘sega’, è passato ad indicare crinali di monte, per via della dentellatura che si può osservare su alcune creste. La cartografia IGM riporta, correttamente, Serrone.

46. Risalendo il crinale del Serrone, il sentiero CAI n° 11, ora su mulattiera, lambisce il solco della vàlle perélla, un solco vallivo che, più in basso, si arcua e cambia nome, diventando lu fossàtu rànne, prima di gettarsi nel piano di Palarzano. Mentre la seconda designazione è trasparente, ‘fossato grande’, la prima dipende da perélla, rifatto come femminile di un *perìllu, sentito metafonetico, ma invece formato da pero, attraverso il suffisso diminutivo centro-meridionale -illo. Il femminile è qui giustificato per concordanza con il genere di valle. Anche a Fiugni il toponimo è vàlle perélla, e la stessa cartografia IGM riporta Valle Perella.

47. La cima della montagna del Serrone è costituita dall’elevazione di còlle dellu ceràsciu (1410 m), a Fiugni detto semplicemente lu ceràsciu. Entrambi i nomi rilettono l'appellativo ceraso ‘ciliegio’, ed in effetti la cima è vicina agli insediamenti di Santo Nunzio, giacché si potrebbe pensare a ciliegi piantati in consociazione ai seminativi.


Il Monte del Termine
48. L'abitato del Termine è adagiato ai bordi di un pianoro, alle pendici di una ripida montagna conica (1263 m), nota come lu mónde, ossia il 'monte' per eccellenza. Ma altrove, ad esempio a Fiugni, si dice lu mónde dellu tèrmine, per specificare correttamente la cima. La cartografia IGM, invece, riporta come toponimo P.zo del Monte, probabilmente dipendente dalla designazione in uso al Termine.

49. Ad ovest del Monte del Termine si apre una lunga valle, che si apre e restringe più volte, prima di confluire nel bacino intermontano di Santo Nunzio. Si tratta dell’alló de piàtta, al quale si accede tramite una sterrata che parte dalla provinciale di Cascina (attacco del sentiero CAI n° 15 che sale sulla cima del Monte del Termine). Il nome del vallone, adattato come V.ne di Piatta sulla cartografia IGM, sembra composto col termine pìa, vitale fra Termine e Fiugni, forse variante locale di piaia ‘pendio’. Comunque, il secondo termine del toponimo potrebbe anche essere un soprannome locale.

50. Proprio sotto l’imbocco della sterrata dell’alló de piàtta, si eleva il caratteristico cocuzzolo del còlle castegliùni (1038 m), senza nome sulla cartografia IGM la quale però riporta il toponimo Castiglione a designare una vasta area. Il tipo toponimico castiglione, dal quale il suddetto nome dipende attraverso un plurale metafonetico, deriva dal latino medievale castellio, -onis, e indicherebbe una qualche presenza storica sul colle, della quale però nulla si sa.

51. Procedendo lungo la sterrata dell’alló de piàtta, si toccano le località dei pisciarélli e di péi le ceppàra, sul lato destro per chi sale. Il primo toponimo dovrebbe riferirsi proprio alla foce del vallone nel piano del Termine, e dipende dalla presenza di rigagnoli nei quali si raccologono le acque del bacino superiore, accostati a rivoli di 'piscio’. Nella seconda designazione, si rinviene un toponimo ceppàra non attestato, che indicherebbe una località più a monte, piena di ceppi.

52. Un’altra località nella parte bassa dell’alló de piàtta, che corrisponde al tratto in cui la vecchia sterrata che proviene direttamente dall’abitato, passa sotto il crinale del Monte del Termine, è lu collunàri. Il toponimo è un composto di colle e di un secondo termine per il quale si prestano due ipotesi: derivazione da luna, nel senso di '(terreno, pascolo) a forma di falce' (e in questo caso si riferirebbe a qualche coltivo nella piana, sotto il colle), o da un personale Launus o simili, in entrambi i casi con la formante -arius. Un toponimo equivalente si trova anche in comune di Lucoli (Aq).

53. A valle della soglia carsica sulla quale sorge il Termine, e che chiude ad est l’omonimo pianoro, si scende con numerosi tornanti nella cónga, un imbuto a forma di ‘conca’ (anche sulla cartografia IGM è Conca) che prelude alla piana di Cagnano. Sul lato settentrionale scende nella Conca il breve fùssu de sendìnu, il cui nome è un composto di fosso e di una voce , che sarà da interpretare come soprannome locale, visto che il termine sentina 'serbatoio, cisterna', compare sempre al femminile.

54. Più ad est, alcune cave di sabbia sorgono alla foce di un valloncello, dal quale proviene il nome della cappella della madònna ellu caó, ovvero ‘Madonna del Cavone’ (con cava qui nel senso di ‘avvallamento’), che si trova nei pressi. Oltre il valloncello, c’è il cocuzzolo di còlle benedìttu (1021 m), ormai verso Torre di Cagnano, sormontato da una croce. Proprio questo manufatto può spiegare il toponimo, riportato anche sulla cartografia IGM C.le Benedetto.

Alcune località più importanti nella piana del Termine sono lu manecó (soprannome locale ?); lu benefìziu (toponimo amministrativo-gromatico), appena a sud dell’abitato; pùzzu cécu (da pozzo, e con cieco nel senso dell’italiano ‘vicolo cieco’, ossia chiuso), un avvallamento (984 m) alle pendici della Selva; cerrìtu (‘cerreto’, qualche coltivo ottenuto dopo il taglio di un bosco di cerri), alla foce della valloriàna.