San Pietro della Ienca (Camarda-L'Aquila)

Appunti sul paese

L'antico castrum di San Pietro della Ienca si trova alle pendici della catena del Gran Sasso e, dal tempo della sua diruzione, completata prima del sec. XV, venne aggregato a Camarda che si trova nel fondovalle del torrente Raiale. Comune autonomo fino alla soppressione del 1927, ora è circoscrizione dell'Aquila.

Le prime citazioni del toponimo sono datate al sec. XI, quando l'abitato era già incastellato. L'oigine della designazione è però sicuramente più antica, in quanto camarda si configura come appellativo di antica origine, formato da una base *cama di incerto significato (forse 'cespuglio', dal confronto con voci del lessico delle lingue romanze della penisola iberica), ed un suffisso generalmente attribuito al sostrato. Camarda contribuì alla fondazione dell'Aquila, del cui territorio extra fece sempre parte. Dopo l'abolizione dei feudi nel 1809, essa fu inglobata nel comune di Paganica, fino al 1814, quando le richieste di costituzione di un comune autonomo ebbero successo. Fino al 1927, quindi, il comune di Camarda comprendette Aragno, Assergi e Filetto, nonché Pescomaggiore che ora fa parte della circoscrizione comunale di Paganica.

La costruzione più antica del paese potrebbe essere la Torre, risalente al sec. XI, rifatta nel sec. XV. La chiesa principale è dedicata a San Giovanni Battista (medievale, tabernacolo del 1478), mentre più recenti sono quelle di Santa Maria di Valleverde (sec. XVI) e di Santa Maria del Suffragio. Nell'antico castello montano di San Pietro, c'è poi l'omonima chiesetta.

Appunti sul territorio

Il tenimento montano di Camarda comprende gli antichi demani dei castelli diruti della Ienca e di San Pietro della Ienca a nord della valle del Vasto. Oggidì, San Pietro (detto San Pietro di Camarda) è abitato temporaneamente da locali di Camarda, mentre della Ienca rimangono solo alcune vestigia.

Dal punto di vista orografico, la montagna di Camarda è formata da due importanti monti della catena principale del Gran Sasso: mónde jénga (2208 m) ad ovest, e ju pìzzu (2332 m) ad est, con i rispettivi versanti meridionali (giacché dall'altra parte, essi si affacciano alla valle del Chiarino). Sulla linea di cresta, il valico della piàna egli cavallàri (1789 m) separa mónde jénga dalla pùnda de sèrre (2132 m) di Arischia. L'insellatura della piàna de camàrda (2050 m) separa i due monti fra di loro, mentre ad est ju pìzzu è delimitato dalla sella delle mmalecòste (2229 m) ai confini con Assergi. I principali valloni che solcano questo versante sono la vàlle egliu pìzzu e la vàlle egliu pràtu, entrambe sotto la cima del pìzzu.

Il territorio esaminato è avare di emergenze storiche, se si fa eccezione per lo stesso isediamento montano (1166 m) di San Pietro, con l'omonima chiesa. Da segnalare è forse un eremo frequentato da San Franco d'Assergi, detto ancor oggi la prèta de franghìttu, e numerosi iacci siti lungo tutta l'estensione della montagna. Anche le sorgenti non mancano, pur se sono in genere situate in luoghi impervi e difficilmente accessibili. Lungo la valle del Vasto, notevole è il rudere del Casale Ienca, luogo di un importante episodio della Resistenza aquilana durante l'ultima Guerra.

La sentieristica CAI comprende, in questa zona, la traversata n° 11 attraverso la piàna de camàrda, e le ascensioni n° 11B alla cima di mónde jénga, e n° 11A al pìzzu.

La toponomastica

La montagna della Ienca
1. La più occidentale delle due montagne di San Pietro faceva in passato parte del tenimento del diruto castello della Ienca, che si trovava, come già ricordato, in una regione a sud della valle del Vasto. Il nome della montagna, che si eleva fino a 2208 m sullo spartiacque fra Vasto e Chiarino, è divenuto, col passare del tempo, Montagna della Ienca o, come riporta la cartografia IGM, M. Ienca. E' però probabile che un nome più usato in passato sia Montagna della Stanga, come si evince da alcune mappe storiche. In effetti, ancora oggi si parla della stànga come una vasta zona, attraversata dal sentiero CAI n° 11, non limitata alla località la Stanga delle carte IGM. Questo toponimo riflette senz'altro l'appellativo stanga 'palo', non di rado usato come traslato geografico, e da esso dipendono le designazioni jàcciu ella stànga, uno stazzo (iaccio) lungo l'itinerario n° 11 nei pressi della svolta di quota 1580 m, nonché l'IGM F.so della Stanga, un vallone fra i più importanti di questo versante, nel quale si trova anche una sorgente (1607 m).

2. Proveniendo da ovest lungo la strada provinciale, si entra nel territorio di Camarda sotto al crinale delle icennòle, rimontato da un sentierino. Il toponimo corrisponde a quello riportato sulle carte IGM, Vicennole, essendo un diminutivo di vicenna 'terreno dove si avvicenda (il pascolo)', dal latino vicendae.

3. Subito a valle della strada, spicca in questa zona la prèta salamóne, un caratteristico macigno (1285 m) che domina la sottostante valle del Vasto. Il nome, ripreso dalla cartografia IGM come P.tra di Salomone, deriva da un personale locale (nel sec. XIII è attestato un Salamone per Salomone), e da esso dipende anche la designazione F.so Pietra di Salomone, che indica il lungo vallone proveniente dal valico del Belvedere, fra Arischia e Camarda. Dentro a questo vallone, proprio lungo la strada, si trova la sorgente dell'àcqua egliu pràtu (1350 m), il cui nome, assente sulla cartografia IGM, è stato emendato nella carta CAI (F.te del Prato).

4. Un'altra sorgente si trova più oltre, ancora lungo la provinciale (1270 m). La carta CAI la denomina F.te Mosca, pare dal cognome del costruttore. In questa zona si trovava lo jàcciu elle vèteche, in prossimità di una zona umida, caratterizzata dalla presenza di 'vetrice (salix capraea)', una pianta il cui nome riprende il latino regionale *vetica, per il classico vitrex. Fra i due fontanili, il crinale della montagna è occupato da una ridotta porzione di bosco, detta la siliétta, ovvero la 'selvetta', per tramite della fonetica locale.

5. Proseguendo lungo la provinciale, si attraversano diversi valloncelli che confluiscono nella valle del Vasto. Si tratta dei forcùni, così chiamati perché il rio principale si biforca in più rami. L'appellativo forca, infatti, del quale forcone è un derivato, indica come traslato geografico sia un 'valico (a forma di V)' che una 'biforcazione (di una strada, di un fosso)', riferendosi in origine alla furca, il 'ramo biforcuto'. Sulla cartografia IGM compare, a tale proposito, la designazione F.so dei Forconi. In uno dei rami dei Forconi, si trova poi la sorgente dell'àcqua bernàrdu (1280 m), riportata sulla cartografia IGM come Sorg.te Acqua Bernardo, mentre il rio che da qui scende è chiamato F.so dell'Acqua Bernardo.

6. Dalla citata sorgente parte l'itinerario CAI n° 11, che va a traversare verso la valle di Chiarino. L'attuale carrareccia sale direttamente su un dosso, per sovrapporsi ad una più antica mulattiera a breve distanza da un isolato ricovero pastorale. La vecchia mulattiera veniva invece da San Pietro, passando a monte della caratteristica pineta dell'ariòla. Il toponimo riportato sulle carte IGM, Ariola, è mal collocato, mentre l'adattamento è corretto, riflettendo una voce del lessico per 'piccolo spiazzo' o anche propriamente 'piccola aia (per la trebbiatura)', da un latino regionale *arjola per il classico areola, diminutivo di area 'aia'.

7. Lungo la carrareccia dell'itinerario CAI n° 11, si incontra dapprima una recente fonticella (1490 m), poi un deciso tornante sulla destra. Da qui parte una deviazione verso ovest, che si dirige alla fonte della Stanga, e poi all'impervia zona rocciosa con il cocuzzolo detto, con un diffuso traslato geografico, la torrétta (1717 m). Sotto al picco, c'è una sorgente, ignorata dalla cartografia IGM, ma riportata in quella CAI col nome F.te della Torretta (1600 m).

8. La deviazione riportata nella carta CAI passa poi sotto la cresta dei bangùni, che costituisce la dorsale ovest della montagna della Ienca. Una sorgente, munita di fontanile, si trova a 1780 m, e la carta CAI le ha dato il nome di F.te dei Banconi, mentre più in alto (1850 m) c'è lo jàcciu egli bangùni, dove si doveva trovare anche un ricovero, visto che le carte IGM segnalano dei ruderi. Tutti questi toponimi (IGM i Banconi) derivano dall'appellativo banco, che in toponomastica indica come traslato geografico un 'rialzo di terreno'.

9. Tornando all'itinerario n° 11, svoltati verso est si guada un valloncello e si attraversa il costone della prèta egliu cavàgliu, così chiamato per via di un grosso macigno, che si trova sotto la cima della montagna, ben visibile anche dal basso. La designazione, riportata nella cartografia IGM come Pietra Cavalli, riprende il nome dell'animale che qui veniva ampiamente allevato.

10. Superate le testate di un paio di valloni, la carrareccia viene raggiunta da un sentiero proveniente da San Pietro, per poi salire più decisamente agli stazzi (1976 m) in località piàna de camàrda, dove la pendenza si fa molto ridotta, in vista del valico (2051 m) del làgu de camàrda, fra la montagna della Ienca ed il Pizzo di Camarda. Le specifiche che alludono a Camarda ci mostrano come siamo ormai usciti dal tenimento della Ienca, ed entrati in quello di San Pietro.

11. Sulla sinistra, verso la cima della Ienca, si trovano le rocce dette prèta filàra, perché disposte in fila lungo il crinale sudest della montagna. Nei pressi del valico, poi, si trova la sorgente dello rinìccio, non segnata sulla cartografia IGM, ma in quella CAI riportata come F.te Rinniccio, riprendendo la designazione dialettale che riflette una voce del lessico, collettivo di rena 'rena, sabbia', per via del tipo di roccia.

12. Lasciando l'itinerario CAI n° 11, e passando dietro la cima, si transita non lontano dalla cima del morróne (2067 m), una vetta rocciosa che si protende verso la vallata del Chiarino. Il nome, riportato nella cartografia IGM come il Morrone, riprende un tipo toponimico assai diffuso, derivato dall'appellativo morra che è vitale anche nel lessico nel senso di 'mucchio', ma che in origine potrebbe rifarsi alla designazione del 'grugno del porco', se non si tratta di due voci concorrenti. In ogni caso, si tratta di un termine di origine prelatina.

13. L'altra importante località sul versante nord di mónde jénga è ju precóju, che prende il nome - riportato come il Procoio Vecchio sulla cartografia IGM - da un ricovero pastorale che doveva trovarsi nel punto in cui le carte segnalano dei ruderi (1880 m). La voce precoio, infatti, è un termine di origine discussa, particolarmente vitale in area aquilana, che indica una 'capanna' per il pastore, ma in origine un 'ovile'. In questa zona, la carta CAI ha corretto in Fonte del Procoio il nome della Sorg.te del Procoio che si trovava nelle carte IGM (1907 m).

14. Infine, c'è da rilevare come tutta l'area a nord della cima, e fino alla cima stessa, abbiano i nomi concorrenti di j'óbbacu e j'appacìnu, entrambi indicanti un 'luogo in ombra, esposto a nord', entrambi in definitiva dall'aggettivo opacus 'scuro'.


Il Pizzo di Camarda
15. L'originario tenimento di San Pietro della Ienca comprendeva la montagna che culmina con un'aspra cima, alta 2332 m, chiamata in passato semplicemente ju pìzzu, ed ora ju pìzzu de camàrda, in omaggio al fatto che i diruti demani della Ienca e di San Pietro della Ienca passarono al castello di Camarda, ed ancor oggi i proprietari delle case di San Pietro sono camardesi. La designazione riportata sulle carte IGM riprende questo stato di fatto, avendosi P.zo di Camarda. Quanto alla voce pizzo, vale 'spuntone roccioso' ed è molto frequente in toponomastica. Dal nome della cima dipendono diversi altri toponimi. La cresta occidentale, dal valico del Lago di Camarda, trova la piàna egliu pìzzu (2112 m), con piana che qui indica un tratto di salita relativamente poco pendente. Il lungo vallone che solca il versante meridionale della cima, arrivando fin quasi a San Pietro, è invece la vàlle egliu pìzzu. Immediatamente ad est, si trova il compatto crinale detto ju scrimóne egliu pìzzu, da una voce scrima 'criniera (del cavallo)', traslata ad indicare in toponomastica il 'filo di cresta'.

16. Da San Pietro si sale verso la cimata del Pizzo lungo un vecchio sentiero, riproposto dalla carta CAI. Dalla provinciale, si risale il pendio prativo dove si trovava la cardaléna egli lébbri, un piccolo ricovero temporaneo (cardaléna è voce del lessico utilizzata, a quanto si sa, solo ad Arischia e Camarda per indicare una capanna di pietre a secco), lasciandosi a valle il boschetto di sàssu róssu, 'sasso grosso', che prende il nome da un visibile macigno.

17. Si giunge in breve alla sorgente delle fondanèlle (1350 m), che si trova in un angusto vallone. Risalendo ancora, si entra nel fùssu tatózzu, un canale che si perde fra i prati poco a monte di San Pietro, che prende il nome da un personale locale. Parallelo ad esso, scorre il fùssu de cajóne, una designazione che può riprendere anch'essa un soprannome locale, ma che può anche derivare direttaente dall'appellativo caia, latino cavea 'avvallamento, grotta, cavità'.

18. Fra i due valloni, si trova la notevole prèta franghìttu, un macigno roccioso (1410 m) sotto la quale deve trovarsi una grotta frequentata dall'eremita del Gran Sasso, San Franco d'Assergi, se è giusta tale interpretazione del personale che si ritrova nel toponimo. Questo è assente sulla cartografia IGM ed è riportato in quella CAI secondo la versione Preta di Francuccio, leggermente differente. Un secondo macigno si trova ad ovest del Fosso di Caione, ed è detto prèta palómmo, forse ancora da un cognome locale.

19. Superato l'eremo di San Franco, il sentiero percorre la zona degli jaccìtti, anche detti jaccìtti de sanniàcu ('San Giacomo'). A valle, scorre il fosso che prende il nome dalla rótte néra, la 'grotta nera', di incerta collocazione (forse 1408 m).

20. Questo vallone viene raggiunto dal sentiero, in prossimità del punto dove si biforca, prendendo il nome di fùssu de treppìzzi, perché si incunea fra incombenti fasce rocciose, dette appunto tre pìzzi. Dall'altra parte del vallone, si trova lo jàcciu de camàrda, che dovrebbe corrispondere alla località indicata dal toponimo Iacco S. Pietro riportato sulla cartografia IGM (1562 m). All'interno del vallone, invece, si troverebbe la località j'órtu, uno slargo con della vegetazione, giacché l'appellativo orto si applica a località rigogliose, verdi, ecc.

21. Salendo sulla sinistra (ovest), si rimonta il ripido costone che si ha di fronte, con le svòte, delle 'svolte' compiute dal sentiero, chiamate le Sbote anche sulla cartografia IGM. Terminata la salita più aspra, si perviene nella zona delle cózze, dove si trova una casetta (1861 m) adibita a stazzo. L'appellativo cozza è molto vitale in area aquilana, ed indica una buca dove si raccoglie l'acqua, una 'pozzanghera'. A monte delle Cozze, si guadagna la carrareccia dell'itinerario CAI n° 11, toccando un recente fontanile e giungendo agli stazzi della piàna de camàrda.

22. Ad est del Fosso dei Tre Pizzi, si estende lo scrimone di còlle quadrégliu, che prenderà il nome dalla forma 'squadrata', come è visto dal fondovalle. La cartografia IGM riporta C.le Quadreglio, in versione 'dialettaleggiante'.

23. Al di là della Valle del Pizzo, c'è lo Scrimone del Pizzo, come già visto, poi la vàlle egliu pràtu, che prende il nome dalla zona del pràtu de camàrda, un ampio pendio prativo che si trova sotto la cresta orientale del Pizzo (2206 m), la quale a sua volta è chiamata le vène egliu pràtu, con vena che qui indica una 'fascia rocciosa'.

24. Passando alle località più prossime alla strada provinciale, e quindi a San Pietro, nei pressi del km 6 si trova la torrétta (1264 m), un caratteristico cocuzzolo. Più avanti, è il còlle ella cróce (1266 m), rimontato da una vecchia mulattiera proveniente dall'abitato e contraddistinto, a giudicare dal nome, da una croce, forse scomparsa. Dopo il boschetto di Sasso Grosso, è la volta dell'altra macchiola della ceràscia (1250 m) sopra il km 3 della provinciale, che prende il nome dalla pianta del 'ciliegio', latino cerasus.

25. Dalla contrada della véce pìccola, uno spiazzo seminativo lungo la strada (vece è il termine locale per 'terreno destinato alla semina'), parte una recente carrareccia, sostituita ad una mulattiera più antica. Tagliati alcuni dei allongégli, dei ripidi canali che scaricano dal Prato di Camarda ('valloncelli'), si perviene in località le jìsce, che corrisponde al toponimo IGM le Veci, impossibile da attribuire ad una zona così impervia, e forse svisato per confusione con la citata Vece Piccola. Quanto al toponimo Lisce, esso deriva dall'appellativo liscia 'lastrone di pietra levigata'.


La valle del Vasto
26. Scendendo lungo la valle di San Franco, in corrispondenza dei ruderi della masseria Cappelli nei pressi di Santa Maria del Vasto, il nome della valle assume quello del diruto castello del Vasto, che qui sorgeva. La cartografia IGM riporta un coronimo il Vasto, relativo ad una vasta area a monte della provinciale, con scelta non giustificata. Va ricordato a questo punto che il toponimo è spesso attestato nella forma equivalente Guasto, essendo comunque un riflesso di una voce germanica per 'luogo incolto', incrociatosi col latino vastus.

27. La strada che scende dalla provinciale ai ruderi della chiesa, frequentata area per picnic, passa con alcuni tornanti lungo il còlle egliu mojìnu (1263 m), ribattezzato C.le Patrizio sulla cartografia IGM.

28. Andando avanti lungo la valle, si incontra la foce dei Forconi, nel quale confluisce il fosso dell'Acqua Bernardo. Più in là, si passa sotto il còlle elle fiorendìne (1260 m), dal nome oscuro, che però dipenderà da qualche personale locale. Si attraversa la località pandànu, il cui nome dipenderà senz'altro dal tipo di luogo, acquitrinoso. La cartografia IGM riporta un Croce Pantano.

29. Avvicinandoci a San Pietro, si guada un valloncello chiamato sulle carte IGM F.so del Valico, la cui designazione dialettale è però la pastòra. Questo toponimo riflette una voce del lessico che può indicare la fune che si lega alle zampe anteriori delle bestie affinchè non si allontanino. Ma in certi dialetti lo stesso termine designa un pioppo di piccole dimensioni.

30. Sotto al Colle delle Croce, la còsta egli'arìlu si protende verso il fondovalle. Anche questo nome può dipendere da una voce dialettale per il 'pioppo', che suona variamente come arìle, arìlu, e si ritrova nel toponimo j'arìle, un boschetto a confine con Assergi nella zona delle Malecoste. Il successivo fosso di vàlle porcàra scende fino ai ruderi del diruto Casale Ienca, e trae il nome da un aggettivo derivato da porco, mediante il diffuso duffisso -aro/-a (latino -arius/-a).

31. Fra San Pietro ed il Casale Ienca si trovano una serie di solchi sul colle dove sorge l'abitato, detti iarèlle da pé, ovvero 'viarelle da piedi'. Il dirupo col quale termina il colle verso sudovest è detto jìmmete sannicòla, con la voce limite, derivata da limes, -itis, nel senso di 'pendio in forte discesa'.

32. Nei pressi delle case di San Pietro si trovano le cèse cagnànu, alcuni coltivi ricavati da taglio della boscaglia, come illustra la voce cesa che deriva dalla locuzione latina (silva) caesa, ossia 'tagliata'. Quanto alla specifica cagnànu, essa si configura come un prediale, visto il tipico suffisso -ano, da un personale Cambius, come per l'omonimo Cagnano Amiterno.

33. A sudest dell'abitato, la còsta ella chjèsa regge la chiesa di San Pietro (1166 m), sopra la fonticella dell'Acqua San Giovanni, riportata sulla cartografia IGM (1001 m). Qui sfocia nella valle del Vasto il breve vallóne egliu mandróne, che prenderà il nome da un mandrone (un recinto per le bestie fatto di pietre a secco) che si troverà da qualche parte non lontano dalle case più ad est.

34. Continuando lungo il fondovalle, si segue in direzione est il pràtu ferrùcciu, che trarrà il nome da un personale locale. E' però possibile che il toponimo, riportato sulla cartografia IGM come Prati Ferruccio, dipenda dal colore della terra, che ricorda quello rosso del ferro. Verso i confini con Assergi, infatti, si passa sotto le fasce rocciose della vèna pipiàle, sotto San Clemente, e poi della vèna róscia, nel cui nome si ritrova l'aggettivo rosso che normalmente ha l'origine sopra citata. Quanto all'appellativo pipiàle, esso è un nome dialettale per la 'lumaca bavosa'.

35. A mezza costa sopra il fondovalle del Vasto, passa una strada sterrata che unisce Assergi con San Pietro. Fuori dall'abitato, oltre il Vallone del Mandrone, si trova la contrada prativa ju càmbu, con alcune casette. La voce campo indica delle località pianeggianti, in genere non coltivate (altrimenti sarebbero chiamate prata).

36. Più ad est, scorre il breve impluvio della vàlle elle mònache, confluente nel Vasto. L'appellativo monaca sarà riferito al vicino complesso di San Clemente, che si trova non distante (1066 m), ai confini con Assergi.

37. Oltre il valloncello, c'è il còlle ella vedùta, che prende il nome dalla caratteristica di essere un 'belvedere' verso la valle e forse verso Assergi, e poi l'altro dosso del còlle de nardùcciu, proprio sopra la chiesa. Il personale locale (Leo)narduccio lo si ritrova nel nome della vàllë nàrdë della vicina Assergi.