Roio (L'Aquila)

Appunti sul paese

Roio è un agglomerato di abitati, un tempo (prima del 1927) costituenti un comune autonomo, denominato Roio ed avente sede in frazione Poggio. Le altre frazioni sono Roio Piano, Colle di Roio e Santa Rufina, tutte disposte ai bordi della piana di Roio, che funge da centro di gravità dell'agglomerato. Si tratta di centri di dialetto aquilano-forconese.

La prima attestazione di Roio è nel Chronicon Farfense (sec. X), come Rogie. Il nome riflette l'appellativo roia 'canale', riferito alla Foca, la forra che scola le acque del piano di Roio.

Al sec. XIII risale la chiesa di Poggio di Roio, inizialmente dedicata a San Leonardo, ma dal 1625 eretta a Santuario di Santa Maria della Croce, per ospitare una statua della Vergine proveniente dalla Puglia, legata a Roio dalle vicende della transumanza. Altre chiese sono quella dei Santi Nicandro e Marciano a Roio Piano e della Santissima Annunziata a Roio Colle.

Appunti sul territorio

Il territorio di Roio si incunea fra quelli di Lucoli, ad ovest, e Bagno, ad est, dal quale una linea convenzionale lo separa. Occupa quindi un tratto del versante settentrionale del massiccio del Velino, delimitato verso valle dal piano di Roio (la Valle, le Prata) e poi dall'abitato di Poggio e dalla strada che collega questo a Pianola, (ex) frazione di Bagno.

La dorsale principale della montagna di Roio funge da spartiacque rispetto alla vallata di Lucoli. A partire dal valico, oggi anche stradale, di Colle Miruci, la catena si eleva con il dosso di rìpa (1017 m) e poi con l'insellatura di càpu rìpa, oltre la quale comincia la ripida e compatta ascesa del mónde de róji (1420 m). Oltre la piccola sella (1370 m) sulla quale si transita per il pianoro di càmbuji, comincia, con il còlle degliu raffiàtu (1422 m), la còsta rànne, con la massima elevazione delle quàrtare (1783 m). Da questa, in direzione nord, si staccano alcuni cocuzzoli per lo più di scarsa importanza, a parte il còlle cambetégliu (1220 m) e soprattutto la dorsale del castigliónë di Bagno, la cui porzione occidentale appartiene a Roio.

In montagna, si trova la chiesetta di San Lorenzo, che faceva parte di un omonimo monastero di cui si hanno i primi cenni nel sec. XII. Qui si rifugiò il Beato Bonanno da Roio, comtemporaneo e compaesano del Beato Placido e di San Franco. Molto antropizzata, la montagna di Roio presenta inoltre diversi ricoveri pastorali diruti: la casétta egliu mónde, un rifugio al cambetégliu, uno al fùnno de tòtani. Alcune costruzioni pastorali in pietra a secco, strobiloformi, si trovano nei pressi della contrada fórca. Le sorgenti invece scarseggiano, e ciò giustifica la costruzione di diverse cisterne (se ne contano almeno tre) e pozzi. I monumenti naturali principali sono le tre cànetre situate a sudest del piano, delle doline di dubbia origine, e il fosso di spedìnu, una dolina apertasi per l'improvviso cedimento della volta di una cavità sotterranea.

Per quanto riguarda la sentieristica, la carta CAI include l'itinerario n° 6, da Roio Piano alla cima del mónde de róji, il n° 6C che prosegue fino alla cima delle quàrtare, ed il n° 6E che compie un anello attorno alle canetre ed alla cima del castiglionë.

La toponomastica

Il Monte di Roio
1. La montagna che segna il confine fra Roio e Lucoli si eleva sopra l'abitato di Roio Piano, fino alla rispettabile quota di 1420 m. Appare come una imponente, nuda groppa a chi la osserva dalla piana, ed è certo questo il senso della designazione locale còsta rànne, ripresa dalla cartografia IGM com la Costa Grande. La voce costa, infatti, ha il significato di 'pendio', generalmente coltivato o esposto a sud (non è questo il caso), essendo un traslato geomorfico dal latino costa, originariamente 'costola', poi 'fianco (di monte)'.

2. La via montana che ascende la Costa Grande parte dalla prima curva della strada Roio Piano-Lucoli, in località Capo Roio (831 m) ed è seguita dall'itinerario CAI n° 6. Si tratta di una dissestata carrareccia, nota localmente come la vìa degliu mónde. Il 'monte' in questione è proprio la Costa Grande. Infatti, il toponimo còsta rànne sembra essere originario dell'altro versante, quello di Lucoli, mentre per i roiani la montagna era meglio nota come, per l'appunto, ju mónde (de róji).

3. La prima località attraversata è quella di fornàru, in prossimità di una curva della carrareccia (845 m). Il nome, riportato anche sulle carte IGM come Fornaro è un derivato in -aro (latino -arius, italiano -aio) di forno, designazione applicata a località particolarmente calde. Data l'esposizione del versante, che è rivolto a nord, si può però pensare, in questo caso, alla presenza di una 'fornace' per la calcinazione delle pietre.

4. A monte e valle della carrareccia, si trova la contrada j'ornitu, solcata da brevi e ripidi valloncelli. Il toponimo è un collettivo in -etum, metafonizzato in -ìtu, del fitonimo orno, latino ornus. La trascrizione IGM Ornedo è 'settentrionaleggiante' ed ingiustificata.

5. Proseguendo lungo l'itinerario CAI n° 6, si giunge al disagevole attraversamento di un valloncello biforcuto. E' questa la località malepàssu, così chiamata dall'aggettivo male, di norma preposto, e dalla voce passo, che indica un 'guado, passaggio'. Ma la stessa designazione malepasso è assai diffusa in tutto l'Appennino Centrale, anche più volte nello stesso territorio comunale, quasi fosse un nome comune.

6. Superato il Malepasso, si giunge alla località della crocétta, dove si trovava un bivio segnalato, per l'appunto, da una croce ora scomparsa. La via di destra rimontava la Costa Grande, mentre quella di sinistra, ora ripresa dalla carrareccia, continuava a mezza costa.

7. Si sale ora dietro un'asperità cespugliosa, costeggiando la prèta piocchjósa, un evidente macigno. L'origine della designazione, che equivale a Pietra Pidocchiosa riportato sulla cartografia IGM, andrà ricercata nel folclore locale, ed in particolare in qualche superstizione legata ai grossi macigni, che spesso portano nomi significativi in questo senso (ad es. 'pietra del malenome'). In questa zona, una deviazione permette di salire ad una cisterna (1100 m).

8. A q. 1095 si trova la casétta degliu mónde, diruto ricovero di pastori, sito in località parapàtta. Mentre il nome del rifugio richiama la designazione monte evidentemente attribuita a tutta la montagna di Roio, nel nome della località va visto un soprannome locale.

9. Dopo circa 50 m dal ricovero, si trova un sentierino sulla destra, all'inizio appena accennato ma poi più marcato. Questo rimonta la groppa di còlle tùnno (1189 m), così chiamata per via della forma che si vede dal basso. Superata una radura coperta da biancospini, incrocio di tre sentierini, e preso quello diretto a sudest, si esce allo scoperto incontrando sulla sinistra il sentiero proveniente dal rifugio del Campitello.

10. Occorre ora affrontare una salita molto ripida, ma favorita da comodi tornanti, detti le otarèlle. Questo nome è un diminutivo di volta, in dialetto la òta con caduta di v- in posizione iniziale e soluzione -t- del nesso -lt-, nel senso di 'curva, girata della via', cioè 'tornante'.

11. Superato il tratto più ripido dell'itinerario, si perviene al Valico di Colle Campoli (1370 m), dal quale ci si affaccia sulla sottostante piana di càmbuji, al cui margine settentrionale si trova un suggestivo insediamento pastorale noto come Case Michetti (localmente, le casétte). Quanto al nome della contrada, esso riflette il latino campulus, diminutivo di campus 'campo' nel senso appenninico di pianoro carsico o, più probabilmente, un suo plurale in -ora, desinenza arcaica derivata da quella dei nomi neutri della III declinazione. Toponimi del tipo Campoli si trovano in provincia di Frosinone e Benevento.

12. Fra due elevazioni della cresta della Costa Grande, che chiude a nord il piano di Càmpoli, si trova la vàlle monachèlla, nota ai locali perché attraversata da un sentierino che va a ricongiungersi a quello trascurato nei pressi della Pietra Pidocchiosa. L'origine del nome farà riferimento a qualche proprietà conventuale, in particolare del Santuario di Roio.


Il Colle Campitello
13. L'elevazione che si trova dirimpetto a Poggio di Roio è il còlle cambetégliu (1220 m), un dosso che si stacca in modo poco accentuato dalla compatta mole della Costa Grande di Roio. Il nome del colle deriva da quello di una pianetta retrostante, chiamata cambetégliu dai locali, Campetello sulla cartografia IGM. Si tratta di un derivato di campo 'pianoro carsico', mediante il produttivo suffisso -itello, dal valore diminutivo. Nel mezzo della piana, si troverebbero le tre cérqui, ovvero le 'tre querce', e soprattutto un ricovero pastorale, detto Rifugio del Campitello (1200 m), munito anche di fontanile.

14. Dalla piana di Roio, una vecchia mulattiera è ancora in parte percorribile per ascendere direttamente al Colle Campitello senza compiere il giro lungo la Via del Monte. La via, lasciato il piano, entra in un valloncello detto fórca. Tale nome, ripreso dalle carte IGM come Forca, riflette la conformazione dell'impluvio, che a q. 900 si biforca. La voce forca, infatti, designa in generale un oggetto geografico a forma di V, ed in particolare fossi biforcuti (come in questo caso) o, più diffusamente, insellature nelle creste. Va notato che in tale località si trovano importanti costruzioni pastorali in pietra a secco.

15. Il fosso che costituisce il ramo sinistro della biforcazione è la vàlle spinósa, piuttosto incassata e ricoperta da cespugliame spinoso, da cui la designazione dialettale, ripresa dalla cartografia IGM come Valle Spinosa. La parte più alta della valle è tagliata con la carrareccia della Via del Monte, che poi prosegue a mezza costa fino al Campitello.

16. In corrispondenza della parte più bassa della Valle Spinosa, si trova la località chiamata cornégliu. Il nome è un diminutivo del fitonimo corno 'corniolo', latino cornus, probabilmente per via della presenza di piante di tale specie sul bordo orientale del fosso. La cartografia IGM ha ripreso la designazione Cornello.

17. Ad est del fosso di Forca, si estende un settore piuttosto compatto, che sovrasta la parte di piana detta Capo le Prata. Da qui parte un sentierino poco accentuato che in breve trova sulla destra la località maceróne. Questo nome sembra derivare dalla presenza di macere, ovvero 'muretti a secco' ottenuti dallo spietramento dei campi e usati per delimitare i campi stessi, e potrebbe essere collegato anche ad un rudere di costruzione sito a q. 825, che giustifica il toponimo Piano della Casetta riportato sulla cartografia IGM. Quest'ultima ha pure Macerone, ma collocato a sinistra del sentiero.

18. A monte della casetta di q. 825 c'è il pendio dei caprìni, occupato da un rado querceto. In effetti, il nome della località potrebbe piuttosto essere ji càrpini, come riportato sulle carte IGM, Carpini, che riflette il fitonimo semplice, senza suffisso carpino.

19. Più ad est, ben visibile dalla piana di Roio, c'è la canetra di spedìnu, più piccola delle altre, il cui fondo è a q. 808. Il nome pare richiamare quello di mèzza spàda, altra canetra, se questo non è un soprannome locale, ma la voce che è alla base delle designazioni rimane oscura.

20. Sopra la canetra di Spedino, si trova un valloncello ricordato dai pastori locali come màlle òna. Probabilmente il toponimo va proprio riferito al fosso indicato sulle carte IGM come Valleona, e si compone del nome comune valle e dell'aggettivo vono, ossia 'buono', per il pascolo ecc.


La regione delle Pagliare
21. Dall'abitato di Poggio di Roio si può scendere al piano e percorrere una carrareccia ben evidente che attraversa quest'ultimo in direzione sudest. Lungo tale strada si trova, a q. 825 ca., una croce che segna l'avvio di una vecchia mulattiera, ancor oggi percorribile, che sale verso destra. Attraversato un pendio cespuglioso, la mulattiera entra nella vàlle degli'araìtu, il principale fosso che solca il versante settentrionale della montagna di Roio. Il nome della valle, ripreso dal confinante pendio del còlle degli'araìtu sembra un collettivo in -etum (dialettale -ìtu), da una base oscura del tipo *varale. In tal modo potrebbe confrontarsi con Varallo in Piemonte, il cui etimo (attestazioni del tipo Varalis in epoca medievale) è stato connesso ad una voce variarium 'terreno incolto'. La cartografia IGM ripropone la versione dialettaleggiante Fosso Araito.

22. Salendo lungo la mulattiera, si abbandona dapprima la vàlle degli'araìtu, portandocisi sulla destra orografica, poi si ritorna nella parte più alta dell'impluvio, che prende il nome di le cónghe. Il significato di tale designazione sta ovviamente nella forma dei fossetti in cui si dirama la valle, che richiama quella di una conca.

23. Si passa quindi fra due cocuzzoli, alti 1192 m quello di destra e 1234 m quello di sinistra, chiamato Colle Pagliare sulla cartografia IGM. Questo nome, sconosciuto ai locali, dipende in realtà dalle designazioni vìa dëllë pagliàrë e solàgna dëllë pagliàrë, in uso nella vicina Bagno.

24. Poco oltre la strettoia fra i citati cocuzzoli, si perviene in un avvallamento dove si trova un pozzo ed i resti di una costruzione. La contrada è detta ju fùnnu de tòtani oppure ju fùssu de cinìgliu, entrambe designazioni che richiamano soprannomi o cognomi (Totani) locali. La prima sembra più congruente con la morfologia del sito, che è un vero e proprio fonno, ossia un 'avvallamento coltivato', latino fundus.

25. Nella zona del Fondo di Totani, la cartografia IGM riporta il toponimo la Noce. Esiste, invero, una località chiamata la nóce, ma si trova più a monte, lungo la carrareccia Via del Monte, che poco oltre (in direzione est) arriva a toccare gli antichi confini comunali fra Roio e Bagno. Il nome della località è un fitonimo, noce 'pianta di noce', che sarà presente in zona. Un altro nome attribuito alla stessa località sarebbe spezzaférru, certo da un soprannome locale.

26. Un'altra contrada piuttosto conosciuta, sita nelle vicinanze, è quella dei pràti della cùzza, decisamente a valle della Via del Monte, raggiungibili dal pozzo del Fondo di Totani. La designazione, riportata sulla cartografia IGM come Prati della Cuza, si compone del nome comune prato e della specificazione cuzza, che sarà forse una variante locale della più diffusa voce cozza 'pozzanghera', ben inquadrabile nel contesto geomorfico della località.


La Costa Grande
27. La più elevata delle montagne di Roio è la còsta rànne, che si eleva a sudest di Poggio fino ai confini con Lucoli e Bagno. Possiede lo stesso nome che a Lucoli è attribuito al Monte (di Roio). Viceversa, questa montagna a Lucoli non ha un nome definito, perché da quel versante si presenta come una semplice elevazione che fa da contorno alla più elevata Serralunga. La cartografia IGM riporta il toponimo Costa Grande che, come già visto, si compone della voce costa 'pendio', con l'aggettivo grande.

28. L'antica via di salita alle quote più elevate della Costa Grande passa per il pianoro di Campoli. Può essere imboccata anche dalla carrareccia della Via del Monte, più o meno all'altezza della località Noce. Da queste parti scende, solcando il ripido costone, il fùssu sfonnàtu. Questo nome vale, letteralmente, 'fosso senza fondo', forse per il fatto che l'impluvio è completamente impraticabile, e quindi come se, per gli usi della pastorizia, non avesse fondo.

29. Tagliando a mezza costa la Costa Grande, la mulattiera perviene ad un'insellatura a q. 1392, alla cui destra si innalza il còlle degliu raffiàtu (1422 m). Il nome di questo dosso richiama presumibilmente le tracce lasciate dalle greggi.

30. Sotto la sella, si scende lungo il tratto detto delle scalétte. Evidentemente, la discesa in questo punto è piuttosto ripida, e resa meno agevole dai solchi lasciati dalle greggi, che appaiono come gradini di scale. Designazioni dello stesso tipo sono, infatti, piuttosto frequenti nell'Appennino Centrale, sempre riferite a ripidi costoni.

31. Fra i pianori dietro la cima del Colle del Graffiato, e le prime elevazioni della Costa Grande, si trovano due località molto conosciute dai pastori: ju jàcciu delle ròse e ju jàcciu dell'ortìca. Il primo di questi è nominato anche sulla cartografia IGM, Iaccio delle Rose. Si tratta di due stazzi, in dialetto jàcciu dal latino jacere 'giacere', ovvero delle località dove il bestiame riposava in appositi recinti. Quanto alle specificazioni, entrambe riflettono dei fitonimi: l'una rosa 'rosa canina', molto diffusa in queste zone, l'altra ortica.

32. Una breve deviazione permette di raggiungere la piscìna (1472 m), una cisterna per la raccolta dell'acqua piovana con annesso fontanile. Un'altra si trova poco distante in direzione est, ed è chiamata la cisternòla. La cartografia IGM riporta solo la prima, chiamandola Cisterna, mentre la carta CAI ha aggiunto anche la seconda.

33. Procedendo in direzione sud, si imbocca un valloncello prima piuttosto stretto, poi via via più ampio, per sboccare nella vàlle càma, che va percorsa per intero (seguendo l'itinerario CAI n° 6C). La valle prende il nome da una specificazione cama di aspetto assai antico, probabilmente prelatino. Può trattarsi della stessa voce (o radice) che è alla base di nomi altrettanto oscuri quali, tra gli altri, Pietracamela (Te), Camarda (Aq), e per la quale è stato proposto un accostamento a voci di sostrato iberico, come cama 'giaciglio, letto'. Un significato di primo tentativo potrebbe pertanto essere 'cespuglio', da cui 'giaciglio (di frasche)'.

34. In cima all'allungata Valle Cama si perviene alla forchétta de vàlle càma (1653 m), una forca nel senso di 'intaglio a V', che mette in comunicazione con la sottostante vàlle frédda, ormai nel tenimento di Bagno. Subito sopra la sella, si eleva la cima più alta della Costa Grande, detta le quàrtare (1783 m) dai locali (intendendo tutta la zona circostante) e ribattezzata M. le Quàrtora sulla cartografia IGM, a partire dall'edizione del 1884. In effetti, il nome è un plurale in -ora (in origine plurale dei neutri della III declinazione) di quarto 'quarta parte del territorio comunale', termine poi passato a designare in genere una 'porzione di territorio'.


La montagna del Castiglione
35. Una porzione piuttosto defilata del territorio montano di Roio è costituita dalla solàgna de bàgno, ovvero il versante esposto a sole - cioè a sud-sudovest, da cui l'appllativo solagna - del crinale del castigliónë di Bagno, la cui cima più alta si eleva fino a 1126 m. Il nome Solagna di Bagno era probabilmente attribuito anche ad una piccola frazione, ora scomparsa, ed è stato riportato sulla cartografia IGM in maniera completamente errata, posizionandolo sul versante esposto a nord, che guarda Pianola. In seguito, il nome è stato usato per designare la cima che, ad esempio sulla guida e carta CAI, è ormai divenuta Solagna di Bagno.

36. Una località coltivata sulla solagna è costituita dai cosiddetti cóppi, caratterizzata da muretti a secco. La cartografia IGM riporta questo toponimo come i Coppi. Un altro toponimo IGM, la Costa, ha trovato riscontro nella nomenclatura locale come la costa de sallorénzu, con riferimento alla chiesetta di San Lorenzo alle Serre (956 m) che si trova sopra Poggio. La voce costa è ripresa nel nome della mulattiera (detta "Via della Costa") che collega direttamente Poggio alle Canetre, senza scendere nel fondo del piano.

37. Le emergenze più rilevanti della zona del Castiglione sono senz'altro le tre cànetre, disposte quasi ad intervalli regolari ad ovest della cima, lungo il fondo della vallata che separa dalle prime elevazioni delle Pagliare e della Costa Grande. Seguendo la carrareccia che costituisce la via di ritorno dell'itinerario CAI n° 6E, si incontrano in sequenza la cànetra càpu (805 m), la cànetra mézzo (831 m) e la cànetra pèe (903 m), ovvero le canetre 'da capo', 'di mezzo' e 'da piede', secondo una nomenclatura molto diffusa, specialmente in area aquilana.